ScalzaBanda, perché “Se tutto deve rimanere com’è, è necessario che tutto cambi”
 







Rosario Ruggiero




Nella basilica di San Giovanni Maggiore Pignatelli, magnifico edificio ecclesiastico in pieno centro storico partenopeo, recentemente riaperto dopo quarantadue anni grazie al sensibile contributo della Fondazione Ordine Ingegneri di Napoli, ad un tiro di schioppo dalla più antica università laica e statale del mondo, la “Federico II”, l’antico palazzo che fu residenza del madrigalista Gesualdo da Venosa, uno dei maggiori musicisti della storia, poi del poliedrico ingegno di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, oggi sede del laboratorio di Raffaele Calace, costruttore massimo di mandolini, a poca distanza dal complesso conventuale di San Domenico Maggiore, che ospitò gli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino e dove studiarono Tommaso Campanella e Giordano Bruno, dalle dimore di Benedetto Croce e di Giambattista Vico, dal complesso monumentale di San Lorenzo Maggiore, che accolse Francesco Petrarca e vide sbocciare la passione di GiovanniBoccaccio per Fiammetta, a da altre innumerevoli meraviglie culturali che fanno giustamente prestigiosissima la città di Napoli a dispetto di ogni qualunquismo e denigratoria opinione, si è recentemente tenuto un concerto di alta significatività civile, “Hasta ccà”, momento di incontro di cultura musicale giovanile partenopea e sudamericana. Protagonisti, i giovanissimi solisti di canto ed esecutori ai violini, viole, violoncelli, contrabbasso, flauto, oboe e strumenti a percussioni dell’Orquesta de las Misiones Guaranies, che si sono prodotti in brani del repertorio operistico italiano, con pagine da “Il filosofo di campagna” del settecentesco Baldassarre Galuppi, e composizioni del repertorio barocco d’oltreoceano, ed i ragazzi della nostra ScalzaBanda, e della sua estensione di musicisti ancor più giovani, la ScalzaBandina, interpreti di musiche della tradizione sefardita, della “Suite da Cyrano” di Giancarlo Sanduzzi e di celebri brani del repertorio popolare e natalizio (“Nellavecchia fattoria”, “Jingle Bells”, “When the saints go marching in”). In conclusione, l’originale “Scalzabandesca”, emblema musicale della formazione napoletana, nella esecuzione delle compagini integrate.
Interessante istituzione, quella partenopea, organizzatrice, tra l’altro, dell’evento, che merita particolare attenzione.
Nasce nel febbraio 2012, nel popolare quartiere Montesanto, per volontà di Antonella Liccardo, giovane ricercatrice di fisica, pianista diplomata, oggi anche attiva fisarmonicista in gruppi musicali, «con amici musicista della zona», come ella stessa ci spiega.
Perché?
«Perché il quartiere, che presenta problematiche adolescenziali manifestate dall’alta dispersione scolastica e dall’allarmante aumento della criminalità giovanile, ha buona esperienza di attività a favore dell’infanzia; perché, avendo vissuto personalmente esperienze severe di educazione musicale, per le mie figlie desideravo un approccio all’arte dei suoni certoattento, ma più spontaneo, entusiasmante, ludico e gioioso; e per supplire alla mancanza di una banda musicale cittadina e favorire così il ripristino di modalità esecutive che oggi, soprattutto nei grandi centri, vanno scomparendo, ma che furono importanti divulgatrici di cultura musicale, e potrebbero ancora esserlo oggi».
Quindi?
«Presentai un progetto alla “Fondazione Banco di Napoli per l’assistenza all’infanzia”. Era l’ultimo anno possibile. E nacque la ScalzaBanda, banda musicale di bambine e bambini del quartiere Montesanto, così chiamata perché trova sede nella chiesa di San Giuseppe delle Scalze insieme ad altre simili associazioni ed al Coordinamento “Le Scalze”- Laboratori socio-culturali nel centro di Napoli».
Oggi?
«Oggi la ScalzaBanda e costituita sostanzialmente da cinquanta fanciulli dai sette ai tredici anni, parallelamente sono la ScalzaBandina, formata da quindici bambini dai quattro ai sette anni, e la ScalzaBandona,fatta da quaranta adulti fino ad oltre settanta anni di età, un crogiuolo di estrema eterogeneità economica, sociale, culturale, umana e geografica, che accoglie anche giovani diversamente abili e figli di extracomunitari in una proficua fusione  di tutte le più disparate risorse umane del quartiere. Le nostre attività didattiche contemplano l’insegnamento di clarinetto, corno francese, flauto traverso, oboe, tromba o strumenti a percussioni, una volta alla settimana, per novanta minuti, sempre gratuitamente, fornendo in alcuni casi anche gli strumenti musicali in comodato, più le prove d’insieme e qualche altra occasione eccezionale, ma pure lezioni di canto corale, ritmica, ascolto guidato della musica classica e l’accompagnamento a concerti».
Come si sostiene?
«Con le risorse messe a disposizione dalla fondazione, più donazioni libere, regolari o occasionali. Per gli insegnanti e gli altri collaboratori è previsto un minimo rimborso delle spese, quandonon operano in assoluto gratuito volontariato».
I risultati?
«Quelli esteriori sono concerti pubblici (il primo a solo tre mesi dall’istituzione della banda) in parchi, contesti d’arte e più ampiamente di cultura, chiese, auditorium e teatri, anche in collaborazione con affermati artisti, ma pure sfilando per le strade, come in occasione del Carnevale di Montesanto. I risultati più importanti però ritengo siano quelli più intimi e profondi di fausta convergenza musicale, ma soprattutto umana, che vanno anche al di fuori degli impegni artistici, tra le così varie eterogeneità del quartiere».
Scrive il musicologo ottocentesco Francesco Florimo: «Nella prima metà del sedicesimo secolo, nel 1535, al 29 di giugno, un povero artigiano per nome Francesco, del quale si ignora il casato, fondava una cappella nel largo di Santa Maria di Loreto, e propriamente nell’ottina del Mercato, col proposito di raccogliere i fanciulli d’ambi i sessi poveri dispersi per la città diNapoli, e da un religioso di San Francesco faceva loro sentire la parola di Dio». Nasceva così l’istituzione del conservatorio di musica, dapprima quello di Santa Maria di Loreto, poi, nella stessa Napoli, quelli di Sant’Onofrio a Capuana, I poveri di Gesù Cristo e Pietà dei Turchini, oggi riuniti nel San Pietro a Majella con la sua impareggiabile biblioteca musicale».
Da questi istituti uscirono, insegnarono e studiarono artisti come Durante, Paisiello, Cimarosa, Pergolesi, Porpora e Jommelli, con i capolavori che seguirono. Un impegno civile ed umanitario simile viene oggi riproposto nella stessa città dall’istituzione della ScalzaBanda. Gli esiti saranno gli stessi?
Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo” afferma che tutto deve formalmente cambiare perché sostanzialmente si perpetui. Un asserto frequentemente confermato dalla politica, specialmente nostrana; a Napoli, con la ScalzaBanda, si sta riproponendo oggi anche per la musica, la cultura e laciviltà, e, una volta tanto, pare proprio, felicemente.

 









   
 



 
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