Seduta fiume su riforma Senato, passa il federalismo fiscale ma trattativa Pd-M5s fallisce
 











Prima il caos notturno, poi le polemiche sulla mancanza del numero legale in aula con tanto di seduta sospesa per le assenze della maggioranza. A seguire, l’ok al federalismo fiscale ma - subito dopo - il fallimento delle trattative al cardiopalma tra maggioranza (Pd) e opposizione (Movimento 5 Stelle): al termine di un confronto serrato, restano tre le proposte per emendare la riforma costituzionale da parte del M5s. Se il Pd - dicono i pentastellati - non accetterà la mediazione, noi continueremo con l’ostruzionismo. Ma dai democratici la risposta è picche: "E allora andiamo avanti a oltranza", è il messaggio che i dem rispediscono al mittente. La controreplica è una dichiarazione di guerra: "Alziamo le mani, non garantiamo l’andamento istituzionale dei lavori, ve ne accorgerete".
Subito dopo, Alessandro Di Battista (M5s) prova a rilancia su Twitter con un argomento su cui il Pd si è già espresso col pollice verso: il referendum propositivosenza quorum.
Qui Camera. Siamo disposti a ritirare TUTTI i nostri emendamenti su Rif. Costituz. se il PD ci vota il referendum propositivo senza quorum.
— AlessandroDiBattista (@ale_dibattista) 12 Febbraio 2015
Nel mezzo, i problemi interni al Partito democratico con l’ultimatum lanciato dalla minoranza Pd la quale, dopo la rottura del patto del Nazareno, torna ad alzare la voce e ad avanzare richieste. Sennò - fanno sapere - sul voto sarà un ’liberi tutti’. A Montecitorio, insomma, è un’altra giornata carica di fibrillazioni e dibattito politico intenso. Sul tavolo continua a esserci la riforma costituzionale su cui il premier Matteo Renzi spinge sull’acceleratore. 
Un risultato sicuro è che l’aula della Camera ha dato il via libera all’articolo 33 del disegno di legge che riforma il Senato e il Titolo V della Costituzione, il quale modifica l’articolo 119 della Carta. L’articolo, approvato con 295 sì, 88 no (tra cui quelli di Forza Italia) e 15 astenuti, trattal’autonomia finanziaria degli enti territoriali e prevede che Comuni, Città metropolitane e Regioni abbiano autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e concorrano ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Tuttavia, nel corso della mattinata le polemiche si sono accavallate. Dopo il caos di ieri sera a Montecitorio - quando la Camera ha detto sì alla seduta fiume voluta dal Pd per accelerare sul disegno di legge ma la bagarre sui banchi e le intemperanze tra Ncd e Lega hanno costretto la presidenza a interrompere i lavori - stamani si è dovuto registrare il primo incidente di percorso sul ddl Boschi al vaglio dei parlamentari. Nella discussione sul nuovo Senato è venuto a mancare il numero legale per appena due voti. Il vicepresidente di turno dell’assemblea Roberto Giachetti ha dovuto sospendere la seduta per un’ora.
Un altro stop and go che avrebbeprofondamente irritato Laura Boldrini. La presidente della Camera - già insultata dai grillini che in aula le hanno urlato "serva" - avrebbe espresso un giudizio duro sulla maggioranza che proprio durante la seduta fiume ha l’obbligo garantire il numero in aula.
Dal M5s ad alzare la voce (via Twitter) è Danilo Toninelli al quale fa seguito la presa di posizione dell’intero gruppo: rimarremo in aula "tranquilli" - hanno fatto sapere i grillini - ma non prenderemo parte al voto. Un asse grillini-Forza Italia ha poi chiesto una nuova convocazione della capigruppo più una riunione della giunta per il regolamento.
#RiformaCostituzionale Dopo la notturna il Pd dorme ancora. Mancato il numero legale. E pensare che le riforme sono loro. Che vergogna!
— Danilo Toninelli (@DaniloToninelli) 12 Febbraio 2015
Dal governo, a intervenire - sempre via Twitter - è Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme.
Ieri al lavoro fino a notte inoltrata alla Camera. Si ricomincia stamani con ununico obiettivo: cambiare l’Italia #lavoltabuona
— maria elena boschi (@meb) 12 Febbraio 2015
Ma nella minoranza dem comincia a farsi sentire l’irritazione. La prima bordata arriva da Stefano Fassina che prova a mettere in discussione il metodo della ’seduta fiume’ voluto proprio dal suo partito: "Andare avanti a tappe forzate è un problema. Bisogna prendere atto che il patto del Nazareno non c’è più e ci si rifiuta di affrontare le conseguenze politiche. Logica vorrebbe - aggiunge - che si affrontassero le conseguenze politiche della fine dell’accordo. E questo dal nostro punto di vista significa che bisogna prendere in considerazione le richieste che arrivano almeno da una parte delle opposizioni".
Ed è a questo punto che il relatore del ddl riforme, Emanuele Fiano (Pd), annuncia: "Accoglieremo alcune richieste di M5s e Lega". Di certo c’è che l’obiettivo del governo è chiudere entro stasera gli articoli rimanenti da 34 al 41 e riprendere domani con quelli accantonati chevanno dal 10 al 20. Proprio per permettere ai deputati M5s di riunirsi in assemblea, la ripresa dell’aula della Camera slitta avanti di un’ora (dalle 15 alle 16). "La maggioranza - spiega a un certo punto Toninelli - ha aperto ad alcune modifiche da noi proposte, noi potremmo ritirare i subemendamenti e avere un atteggiamento più pacato in aula pur restando fermamente contrari alla riforme. Ma sulla linea decide l’assemblea". Come a dire: è ancora tutto da vedere. Stamani, ad esempio, era stato il deputato pentastellato Riccardo Fraccaro a scrivere su Facebook: "La Boschi ci chiede confronto ma noi avanti con costruzionismo".
Tra gli scogli nella trattativa, la richiesta avanzata dai grillini di abrogare il quorum al referendum. La Boschi interviene per spiegare che, sì, "è una delle richieste dei M5s. Ma non è al momento oggetto del confronto con loro".
Attorno alle 16 il faccia a faccia tra i due gruppo perde corpo e si sgretola. Le parole pronunciate dalla deputata M5s FabianaDadone sono chiare: "Purtroppo la pausa", nonostante "una nostra apertura molto larga sulla democrazia diretta, non ha portato buoni frutti", siamo a "un nulla di fatto. Siamo scesi da 10 a 7, poi da 7 a 3, infine a zero" punti di intesa. A questo punto "non posso garantire un andamento del tutto istituzionale dell’aula. Sicuramente non voteremo tutti gli emendamenti uno per uno". Poi spiega le richieste targate 5 stelle: "Introduzione del referendum propositivo e abrogativo con zero quorum, la possibilità della minoranza di sollevare questioni di fronte alla Consulta e l’obbligatorietà a discutere le leggi di iniziativa popolare" in tempi certi. La conseguenza del mancato accordo? La resa: "Alzo le mani", chiosa. Riparte il tam tam su Twitter, dopo il post di Di Battista, Toninelli si limita a scrivere.
#RiformaCostituzionale Il Pd non ci vuole ascoltare. Sul referendum senza quorum è ancora un no. Se cambiano idea siamo qui.
— Danilo Toninelli (@DaniloToninelli) 12 Febbraio2015
A ruota,sempre dal M5s è Davide Crippa a lanciare un altro genere di ultimatum:  "Vi chiediamo una sospensione di quattro ore per dipanare il punto cardine della partecipazione dei cittadini alla vita politica inserendola nella Costituzione. Se non ce la date credo che ce la prenderemo".
Dinanzi alla richiesta di una sospensione di quattro ore, la presidente di turno Marina Sereni fa presente che non ci possono essere pause visto che l’aula è in fase di seduta fiume e che comunque a breve ci sarà uno stop ’tecnico’ per un nuovo ’comitato dei nove’. La presidente mette quindi in votazione l’articolo 34 del ddl riforme ed è subito tensione tra Pd e M5s. Il gruppo dei pentastellati protesta a voce sempre più alta. Dai banchi dem alcuni deputati, tenuti buoni da Ettore Rosato, replicano con urla spazientite. La tensione sale quando il grillino Diego De Lorenzis urla al banco della presidenza "serva". Sereni non ammette l’uso del termine e lo minaccia di espulsione. DeLorenzis vorrebbe replicare ma il collega Di Battista lo blocca e tenta di calmarlo.
In un crescendo di litigiosità, è sul blog di Beppe Grillo che compare un post a firma ’parlamentari M5s’. Vi si legge: "Di notte lavorano i ladri di appartamenti, non si cambia la Costituzione. Invece in questo Paese, ormai stretto nella morsa di un governo che comanda come se fosse il padrone, la Costituzione viene massacrata in tutta fretta col favore delle tenebre e del Festival di Sanremo".
Tuttavia, il Pd i conti deve farli anche al proprio interno. Perché la minoranza dem non molla e continua a dare filo da torcere: "Abbiamo chiesto poche modifiche - dice Davide Zoggia - ma finora c’è stato detto di no. Visto che il patto del Nazareno non c’è più, ci aspettiamo che ci sia responsabilità da parte del governo e che ci sia un confronto aperto. Altrimenti è evidente che ognuno sarà libero di votare e che nell’aula emergeranno le divergenze all’interno del partito". Gli fa eco AlfredoD’Attorre: "Siamo molto irritati, non c’è stata una riunione del Pd per un confronto. E’ sconcertante che dopo che ci hanno portato a questa situazione e che dopo la fine del Nazareno permanga lo stesso atteggiamento di rigidità. Non è accettabile questo atteggiamento, nel merito nel metodo. O ci sono delle aperture oppure è chiaro che sui nostri emendamenti andremo avanti e li voteremo in aula".repubblica









   
 



 
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