Palazzo Chigi: stop di Renzi, riforma fisco torna in Cdm
 











Il governo ci ripensa e Matteo Renzi decide di stoppare i decreti delegati in materia di fisco dopo le polemiche sulla norma salva-Berlusconi contenuta nel provvedimento che avrebbe di fatto cancellato la condanna a 4 anni nel processo Mediaset. In un primo momento il presidente del Consiglio a Repubblica aveva detto: "Non credo sia così ma se così fosse sono pronto a bloccare la legge e a cambiarla". Detto fatto. Gli uffici di palazzo Chigi in mattinata fanno sapere che il premier "ha chiesto questa mattina agli uffici di non procedere - per il momento - alla formale trasmissione alla Camera del testo approvato in Consiglio dei Ministri. La proposta tornerà prima in Consiglio dei Ministri, poi alle Commissioni, quindi di nuovo in Consiglio per l’approvazione definitiva entro i termini stabiliti dal Parlamento e cioè entro marzo 2015".
"Tutte le volte che si parla di fisco è naturale intrecciarsi con uno dei tanti processi a Berusconi. Noi nonfacciamo norme né ad né contra personam. Se si pensa che poi ci sia chissà quale scambio, non c’è problema: rimandiamo tutto a dopo le votazioni per il Quirinale e la fine dei servizi sociali di Berlusconi a Cesano Boscone. I professionisti del retropensiero avranno modo di ricredersi", ha commentato il presidente del Consiglio Matteo Renzi al TG5. Mentre i suoi uffici difendevano la riforma del fisco. "I decreti delegati sul fisco - è scritto in una nota ufficiosa di Palazzo Chigi - segnano una rivoluzione nel rapporto tra fisco e cittadini, tra fisco e aziende.
Intanto su Facebook il sottosegretario Faraone scriveva: "Il nostro governo fa norme che rispondono all’interesse dei cittadini. Di tutti i cittadini. Né norme ad personam né norme contra personam. Di tutto abbiamo bisogno tranne che dell’ennesimo dibattito sul futuro di un cittadino, specie in un momento come questo dove qualcuno teorizza strampalate ipotesi di scambi politici-giudiziari, anche alla luce del delicatomomento istituzionale che il Paese si appresta a vivere".
La riforma del fisco torna dunque al Consiglio dei ministri. Per colpa di cinque righe, di un dettaglio. Se passasse così com’è infatti, come messo in evidenza da Repubblica oggi, Silvio Berlusconi potrebbe tornare candidabile praticamente da subito, comunque dalla primavera. La norma contemplerebbe una soglia del 3 percento dell’evasione rispetto all’imponibile, al di sotto della quale il reato non sarebbe più punibile penalmente. In altre parole, Berlusconi potrebbe vedersi derubricato il tipo di pena ad una semplice sanzione amministrativa. Ragion per cui decadrebbe la condanna che lo vede ai servizi sociali e, soprattutto, gli interdice la candidabiltà.
Nonostante lo stop le polemiche non si placano. Sul suo blog l’affondo è di Pippo Civati, deputato Pd, che interviene dichiarando: "Dopo i titoloni dei giornali di oggi, il premier dice che il decreto è bloccato (cogliendo l’occasione di attaccare tutti quelli che nehanno denunciato le cose vergognose che conteneva, all’insegna del solito rovesciamento della realtà). Ora, se il premier non ne sapeva nulla, se il Mef dice di non averlo visto, se il ministro della Giustizia ha espresso le perplessità che si leggono sulla stampa, chi ha portato quel testo al consiglio dei ministri?". Poi la risposta. "Un’idea ce l’ho: il decreto, conoscendo l’Italia, si è scritto da solo, a insaputa di tutti, secondo la migliore tradizione politica degli ultimi anni, fotografando così la realtà e la responsabilità delle classi dirigenti di questo povero Paese. Che possa riguardare Berlusconi è solo un caso, ovviamente", conclude Civati.
Per il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: "Delle due l’una: o Renzi non sa cosa approva il suo Governo e quindi mi preme capire lui a cosa serva (visto che ci costa un botto in voli di Stato) - scrive l’esponente del direttore M5S sul suo profilo Facebook - oppure Renzi ha provato a fare un regalino di Natale a Berlusconiper estinguere una delle cambiali del Nazareno e non gli è riuscita (per ora)". "In entrambi i casi - sottolinea Di Maio - è un inizio d’anno che non lascia presagire nulla di buono. Questi signori usano (o lasciano usare) la legge a loro consumo come sempre, e per salvare uno di loro fanno crescere corruzione ed evasione fiscale in Italia. Sarà un anno in cui bisognerà avere il coraggio di restare onesti. In mezzo a questa banda di disonesti (intellettualmente e non)", conclude di Maio.
ntanto il premier si occupa anche degli altri fronti aperti e, se sull’attacco dei 5Stelle a proposito delle sue vacanze su volo di Stato spiega: "Finché sono presidente del Consiglio seguo le regole di questo Paese, poi tornerò alla bicicletta. Ma nel frattempo, parliamo di cose serie", sul Quirinale è certo: "Dovremo scegliere una persona saggia ed equilibrata come Napolitano. Non sarà facile, ci vuole un arbitro che sia in grado di rappresentare l’unità d’Italia". "I nomi arriveranno dopo", haspiegato il premier, "ora parliamo di cose concrete. L’importante è che non si facciano le figuracce dell’altra volta. Ci vuole una politica adulta in grado di decidere".repubblica

 









   
 



 
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