Corte dei conti: "Legge di stabilità, rischi per l’equità".
 











Sussistono -rischi ed incertezze- sulla modalità di intervento per la riduzione del cuneo fiscale, che comportano «evidenti problemi distributivi e di equità». Lo ha detto il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri in audizione in Senato sulla Legge di stabilità.
«Secondo l’Ocse - spiega Squitieri - nel 2012 il cuneo fiscale del lavoratore medio dell’industria italiana si commisurava al 47,6% del costo del lavoro: il 23,3% riconducibile al prelievo a carico del lavoratore ed il 24,3% a fronte dei contributi per il datore di lavoro. I risultati sarebbero diversi nel 2014, alla luce delle novità» del ddl. «Si può stimare che l’incidenza della nuova misura per il lavoratore si ridurrebbe di quasi tre decimi di punto per effetto delle maggiori detrazioni Irpef, mentre per il datore di lavoro diminuirebbe in modo maggiore», rileva Squitieri. «Un risultato significativo, ma che lascia sostanzialmente inalterata la posizione dell’Italianella graduatoria europea sul peso del cuneo fiscale, maggiore solo in Belgio Francia e Germania». Oltre ai lavoratori autonomi sono esclusi dal beneficio «gli incapienti e i pensionati, ossia circa 25 milioni di soggetti che sono anche le categorie in maggiore dificoltà. Ciò comporta evidenti problemi distributivi e di equità».
Secondo la Corte dei Conti, inoltre, con la Legge di Stabilità c’è il rischio «di ulteriori aumenti impositivi» in particolare sulla casa. In particolare la Tasi «moltiplica il suo peso rispetto alla Tares» e lasciando al Comune la facoltà di determinare l’aliquota «crea il presupposto per aumenti».
Insomma, la manovra economica del governo si annuncia del tutto inutile, quando non peggiorativa, rispetto alla situazione concreta delle famiglie italiane. Che è drammatica, secondo i dati resi noti dal presidente dell’Istat Antonio Golini in audizione in parlamento:
dal 2007 al 2012 il numero di individui in povertà assoluta in Italia è raddoppiato,passando da 2,4 a 4,8 milioni. Contestualmente è ulteriormente peggiorato l’indicatore di grave deprivazione materiale che aveva mostrato un deterioramento già nel 2011 e che è raddoppiato nell’arco di due anni. Quasi la metà dei poveri assoluti (2 milioni 347mila) risiede nel Mezzogiorno, erano un milione 828 mila nel 2011. Di questi oltre un milione sono minori con un’incidenza salita in un anno dal 7 al 10,3%. Infine, nel primo semestre del 2013, secondo l’Istat il 17% delle famiglie dichiara di aver diminuito la quantità di generi alimentari acquistati e di aver scelto prodotti di qualità inferiore, 1,6% in più rispetto allo stesso periodo del 2012 e 4,9% in più dei primi sei mesi del 2011. E nel 2014 andrà peggio visto che i benefici in busta paga del taglio del cuneo fiscale saranno ridicoli (anzi, dice l’Istat, ne beneficeranno le famiglie più ricche, perché hanno più occupati e dunque avranno «vantaggi monetari in valore assoluto»), mentre l’aumento dell’Iva comporterà unaumento dei prezzi di 0,3 punti percentuali.
Non sorprende, in queste condizioni, che i consumi siano in picchiata: complessivamente la quota di famiglie che ha ridotto qualità o quantità dei generi alimentari acquistati aumenta dal 51,5% del primo semestre del 2011 al 65% del primo semestre 2013, con una punta del 77 per cento nel Mezzogiorno. Aumentano le famiglie che si rivolgono agli hard discount per i generi alimentari (dal 10,4 per cento del 2011 al 14,4 per cento del 2013) e passa dall’11,6% del primo semestre 2011 al 15,5 per cento dello stesso periodo 2013 la quota delle famiglie che acquista capi di abbigliamento e calzature negli esercizi ambulanti. L’aumento della diffusione della povertà si è esteso in particolare in questo ultimo anno a fasce di popolazione dove tradizionalmente è molto contenuta per tipo di lavoro o perché recepiscono un secondo reddito del coniuge.
«Ogni giorno un bollettino di guerra - commenta Paolo Ferrero - È il frutto delle politicheantipopolari fatte dai governi Berlusconi, Monti e ora da Letta. Il governo non ha ancora fatto un piano d’emergenza per rilanciare il lavoro: è una vergogna. Bisogna subito tagliare le spese inutili come la Tav e gli F35, mettere un tetto alle pensioni d’oro e agli stipendi dei manager pubblici, fare una tassa sui grandi patrimoni e con questi soldi - conclude il segretario del Prc - fare il piano straordinario per il lavoro e garantire un reddito minimo ai disoccupati».

 

 


 









   
 



 
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