Il 22 febbraio scorso è stato un venerdì nero ovunque in Europa per le notizie allarmanti rese note dai tecnocrati di Bruxelles. Al mattino con la pubblicazione dei dati economici che evidenziano le enormi difficoltà dell’Eurozona, secondo cui resterà in recessione per tutto il 2013. Poi, qualche ora dopo, quando i mercati erano ormai chiusi, l’agenzia statunitense Moody’s ha rilasciato una dichiarazione secondo cui il Regno Unito ha perso il suo rating dalla tripla A. Per coloro che cullati da un pur labile senso di sicurezza è stato un brusco risveglio. A questo si aggiungono le tristi previsioni per il prossimo inverno pubblicate dalla Commissione europea che indubbiamente lasciano scoraggiati e preoccupati. Le cifre sono molto chiare ed evidenziano che la zona euro dovrebbe rimanere in recessione con una contrazione dello 0,3 per cento nel 2013. La Spagna ora ha un debito in rapporto al Pil del 95 per cento - una cifra che gli analisti avevanopensato in precedenza era applicabile solo per l’Italia e la Grecia. A creare altre difficoltà è mancanza di stimolo è anche l’assoluta assenza di voler favorire una maggiore circolazione di danaro. Detto questo, la natura e l’entità dei problemi che affliggono l’Eurozona stanno cambiando. Mentre l’economia ellenica si dovrebbe contrarre di un ulteriore 4,4 per cento entro la fine del 2013 e Atene nonostante la povertà che affligge il Paese dovrebbe essere fuori dalla tempesta valutaria, ma potrebbe essere investito da fortissime tensioni sociali causate dalle nuove richieste della troika (Ue-Bce-Fmi) per 25mila licenziamenti, tagli e nuove privatizzazioni degli Enti pubblici e parastatali. Destano ulteriore preoccupazione anche le economie di Spagna e Francia, ora nell’occhio del ciclone finanziario della speculazione dell’usura internazionale in agguato e sempre pronta a colpire. Il deficit di bilancio francese rimane ostinatamente alto, passando da un mero 0,6 per cento al 4,6per cento del 2012. I dati pubblicati dalla Commissione Ue hanno dimostrato che rimarrà al di sopra della soglia del 3 per cento nel 2013 e nel 2014. Malauguratamente, il commissario Ue agli Affari economici e monetari Olly Rehn ha dichiarato ai giornalisti che l’esecutivo comunitario avrebbe preparato una relazione completa sulla spesa pubblica della Francia dopo che Parigi sta preparando il suo prossimo piano di bilancio, aggiungendo che il governo del capo dell’Eliseo François Hollande ha bisogno di “portare avanti le riforme strutturali, assieme a un programma di consolidamento”. Oltre alla crisi francese del debito sovrano vengono alla luce anche altri dati allarmanti per quanto riguarda la Spagna. Il deficit di bilancio del Paese iberico è addirittura aumentato raggiungendo il 10,2 per cento nel 2012, anche se i dati non includono i risparmi ottenuti dai tagli alla spesa e degli aumenti delle tasse a livello nazionale e regionale, attuati nelle ultime settimane dell’anno estimato per un valore di 3,2 per cento del Pil. Entro la fine del 2014, i debiti saranno quasi raddoppiati raggiungendo la cifra stratosferica del 101 per cento del Prodotto interno lordo. Nel frattempo, più di uno spagnolo su quattro spagnoli è senza lavoro e oltre la metà dei giovani iberici è disoccupato. Tuttavia, mentre l’Eurozona sembra muoversi con meno durezza in seno ad una crisi alimentata dal disavanzo e dal debito, la disoccupazione è sempre elevatissima in termini numerici e affligge soprattutto i più giovani che restano i più colpiti da questa piaga. Il tasso dell’11,7 per cento di disoccupati in tutta l’Eurozona resta un dato particolarmente grave, ma a destare maggiore preoccupazione è il forte aumento della disoccupazione a lungo termine che rappresenta un elemento ancora più preoccupante. Il quaranta per cento dei disoccupati dell’Unione europea restano infatti senza lavoro per più di un anno, e in otto Paesi membri Ue questa cifra sale a più di un disoccupato su due.In Spagna, Grecia e Portogallo, dove il tasso di disoccupazione è superiore al 15 per cento e la disoccupazione giovanile è pari a quasi il 50 per cento, milioni di europei rischiano di essere chiusi fuori del mercato del lavoro per un lungo periodo di tempo. È lo stesso bollettino della Commissione Ue ad ammettere che la “disoccupazione di lunga durata è associata ad una minore capacità di trovare un posto da parte di persone in cerca di lavoro e ad una minore sensibilità del mercato del lavoro nella ripresa economica”. Più le persone sono senza lavoro e più è probabile che i tassi di disoccupazione rimangano ancora molto elevati per un lungo periodo di tempo, senza alcun scampo per chi vive questa autentica piaga sociale e trasformando la mancanza di occupazione in Europa in un vero e proprio fattore di natura strutturale di difficile soluzione.Andrea Perrone
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