Corte dei Conti contro l’8 per mille. "Pochi controlli, favorisce la Chiesa"
 











L’8 per mille è un meccanismo poco trasparente: favorisce i grandi beneficiari come "Chiesa Cattolica e Stato", discrimina le confessioni escluse e manca in modo colpevole dei meccanismi di vigilanza necessari per certificare la corretta destinazione dei fondi. La Corte dei Conti ha ripubblicato l’ennesimo pesante j’accuse alla trasparenza del prelievo obbligatorio nella dichiarazione dei redditi di 42 milioni di italiani, allegando questa volta l’elenco di misure previste dal Governo e dalle autorità religiose per sistemare le anomalie rilevate.
Le parole dei giudici tributari, mai teneri con una struttura definita “opaca, senza controlli, senza informazione per i cittadini, discriminante dal punto di vista della pluralità religiosa”, sono pesanti come pietre: “In un periodo di generalizzata riduzione delle spese sociali a causa della congiuntura economica, le contribuzioni a favore delle confessioni continuano a incrementarsi, senza che loStato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l’erario”.
Le cifre in ballo sono altissime visto che le somme raccolte sono salite dai 290 milioni del 1990 agli 1,2 miliardi del 2014 (l’82,3% dei quali finiti alla Chiesa Cattolica). Un boom che “fa in parte venir meno le ragioni che giustificano il cospicuo intervento finanziario dello Stato disegnato dall’8 per mille”, che – come scrive la Relazione - ha “contribuito ad un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana”, come ha detto, specifica lo studio, Francesco Margiotta Broglio,  presidente della Commissione governativa incaricata di procedere alla revisione dell’importo deducibile ed alla valutazione del gettito della quota Irpef al fine di predisporre eventuali modifiche.
La scarsa trasparenza. La prima accusa dei giudici è la scarsa trasparenza. Fino a pochi mesi fa il Governo non pubblicava nemmeno le attribuzioni annuali a singoleconfessioni, né la destinazione data ai contributi ricevuti. Ora un timido passo avanti è stato fatto visto che da aprile  2015 - su insistenza dei magistrati contabili - sul sito del ministero è pubblicata almeno la ripartizione dei fondi. Resta il nodo di un rapporto più dettagliato di come sono utilizzati questi soldi e il problema dell’abuso delle campagne pubblicitarie per promuovere la raccolta dell’8 per mille. L’eccesso di spot, ricorda la relazione “rischia di distogliere fondi da finalità proprie”.
L’assenza di controlli. E’ forse il capitolo più inquietante della relazione della Corte dei Conti: allo stato “non esistono verifiche di natura amministrativa sull’utilizzo dei fondi erogati alle confessioni, nonostante i dubbi sollevati dalla Parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei su alcune poste e sulla ancora non soddisfacente quantità di risorse destinate agli interventi caritativi”, è scritto nero su bianco. Le cifre da monitorare sono importanti:la Cei ad esempio ha incassato nel 2014 1.054.310.702,18 euro, di cui 388.251.190 stati utilizzati per il sostentamento del clero, 433.321.320,67 per le esigenze di culto e 245.000.000 per gli interventi caritativi. In teoria i bilanci devono passare dal ministero dell’Interno al Tesoro per finire sotto la lente di apposite sezioni. Ma a una verifica – scrivono i giudici – è emerso che “i dati, cosa sconosciuta a questa direzione, non sono mai arrivati agli uffici che dovevano trattare la materia”. Proprio per questo è partita una sollecitazione al ministero per individuare con certezza le persone cui inviare i rendiconti.
L’assenza di controlli, aggiunge la Corte, potrebbe aver portato anche ad alcune irregolarità nella destinazione dei fondi. Una verifica su 4.968 schede ha evidenziato che nel 7,02% dei casi c’erano errori (beneficiari diversi da quelli indicati dal contribuente o indicazioni di beneficiari fatte per contribuenti che non avevano fatto una scelta). L’84% deglierrori, fanno notare un po’ perfidi alla Corte dei Conti, va a favore della Chiesa Cattolica.
Il disinteresse dello Stato. Il governo ha sulla coscienza un altro problema: il disinteresse a incentivare i cittadini e destinare allo Stato il loro contributo dell’8 per mille (170 milioni nel 2014) dando l’impressione – scrive la relazione – “che l’istituto sia finalizzato - più che a perseguire lo scopo dichiarato - a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni”. Il Governo si è impegnato dal 2016 a promuovere questa opportunità. Altro problema sono le decurtazioni alla quota incassata dal Tesoro, spessa dirottata non a fini corretti ma a esigenze di bilancio dello Stato: la cifra è stata azzerata 2011 e 2012 e nel 2013 è stata ridotta ridotta da 170 milioni a 400mila euro. La stessa legge di stabilità allo studio riduce di altri 10 milioni l’autorizzazione di spesa sulla quota destinata allo Stato. A volte poi questi pochi soldi
vengonoutilizzati in maniera opinabile come i 2 milioni andati a inizio millennio ad aiutare il restauro della facciata della Pontifica Università Gregoriana, a favore di una confessione che in realtà incassa già autonomamente il prelievo sul contributo Irpef degli italiani.Ettore Livini,repubblica









   
 



 
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