I Bilderberg a Roma, la stampa italiana si allinea e tace
 











I membri del Bilderberg Group sono riuniti da ieri a Roma per uno scambio di idee, uno dei tanti, sull’attuale momento di crisi e, se del caso, stabilire quali iniziative assumere per indirizzarlo nella maniera per loro più redditizia.
Se la politica è una sovrastruttura dell’economia o meglio della finanza, perché stupirsi che l’Alta Finanza internazionale, per lo più quella di stampo anglofono, sia in grado di decidere chi debba guidare un governo e quale debba essere la politica economica che lo stesso metterà in pratica? Se il potere reale detenuto dai governi legittimi è pari a zero, perché stupirsi che finanzieri e banchieri si incontrino abitualmente ogni anno in riunioni esclusive le cui porte vengono aperte ai politici ritenuti “amici”.
In altre parole, quei politici con incarichi di responsabilità che abbiano già dato prova, con i loro atti e le loro omissioni, di condividere la filosofia del Mondialismo, nel quale la globalizzazioneeconomico-finanziaria si sposa c on il disegno di realizzare un governo mondiale. Un mostro che, nei desiderata degli gnomi di Wall Street e della City, venga messo in grado di dettare la propria volontà anche con la forza militare.
Oltre ai politici già testati, a queste riunioni, alle quali la stampa non è ammessa, sono invitati quanti costituiscano delle belle promesse e che, almeno a parole, abbiano dimostrato di voler entrare nel giro giusto e condividerne la filosofia operativa e i guadagni che ne deriveranno
Oltre alla Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 da David Rockefeller e dal suo degno compare Zbigniew Brzezinski, vi è appunto il Bilderberg che già aveva tenuto la sua riunione istituzionale annuale a Chantilly (in Virginia) a fine giugno per discutere di come lasciare mano libera ai banchieri per speculare ed arricchirsi e cosa fare di quel cattivone di Assad che in Siria sta cercando di contrastare una rivolta orchestrata dai corpi speciali britannici, francesie statunitensi.
Questa di Roma è quindi una riunione straordinaria nella quale presumibilmente si discuterà se sottoporre anche il nostro Paese alle delicate cure messe in cantiere dalla Unione europea, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionale per Atene e Madrid. Anche noi siamo destinati ad essere commissariati più di quanto già siamo? Dovremo subire ancora un Monti che alle riunioni del Bilderberg e della Trilaterale è di casa? Anche noi verremo costretti a chiedere i prestiti internazionali allo stesso modo della Grecia e della Spagna? Anche a noi verrà imposta una politica alla lacrime e sangue, più di quanto lo sia quella varata dall’attuale esecutivo tecnocratico bancario? Anche noi dovremo vedere decine di migliaia di cittadini, fra i milioni finiti in povertà, scendere nelle piazze per protestare e scontrarsi con le forze dell’ordine? Anche noi dovremo vedere cittadini esasperati dare l’assalto alle sedi dei ministeri e delle banche, come successo ad Atene eSalonicco?
Tutto questo non sembra preoccupare troppo i membri del Bilderberg che per la riunione romana in pieno centro hanno scelto apparentemente il basso profilo dando l’idea di voler passare inosservati. In realtà hanno fatto di tutto per farsi notare prenotando, ieri pomeriggio, una visita esclusiva ai Musei Capitolini che per l’occasione sono stati chiusi ai comuni mortali. E stabilendo la sede della riunione in un albergo del centro, famoso anche perché frequentato dal migliore, o peggiore, mignottume che gira intorno agli ambienti della politica e dello spettacolo.
Mario Monti, impegnato ieri a Roma in un incontro con David Cameron, un altro pupazzo della City, dovrebbe farsi vedere oggi. Lui del Bilderberg è assiduo frequentatore fin da quando era Commissario europeo alla Concorrenza e poi al Mercato Interno. Del Bilderberg condivide l’approccio “non ideologico” in nome del quale l’unica variabile di cui tenere conto è quella economico-finanziaria.
La riunione romanasembra però rivestire un altro significato ed è quello di esercitare una pressione sul nostro Paese per spingerlo a rinnovare il mandato a Monti anche dopo le elezioni politiche del 2013. Elezioni che, nelle speranze degli usurai internazionali, dovrebbero partorire un Parlamento senza una maggioranza certa e stabile ed un Paese ingovernabile. Già adesso si segnala il ritorno della speculazione contro i nostri Btp che ha riportato in alto lo spread con i Bund tedeschi. Monti così verrebbe di nuovo presentato come il salvatore della Patria da parte di quegli organi di stampa che hanno steso una cortina di silenzio sul vertice romano. Verrebbe indicato come il solo in grado di tenere buoni i mercati, ossia gli speculatori, con la sua politica di tasse e ancora tasse che sta riducendo in miseria gli italiani. E questo senza che si riduca il debito pubblico che con Berlusconi nel novembre del 2011 era al 120,1% del Pil e che ora ha superato il 126% attestandosi a settembre a 1.995 miliardidi euro.
Non è un caso che proprio due giorni fa, in una intervista ad un giornale amico come il Financial Times, la voce ufficiale della speculazione della City, Monti abbia ventilato l’idea di una tassa patrimoniale. Non siamo ancora in grado di renderla operativa, ha spiegato, ma comunque non sarebbe niente di eclatante visto che esiste in molti Paesi “capitalisti”. Una maniera poco elegante di mettere le mani avanti per anticipare misure che peseranno ancora di più sui risparmi delle famiglie del ceto medio ormai ridotti a zero e che finiranno sempre più per sprofondare in quella povertà nella quale li hanno preceduti milioni di italiani rimasti senza lavoro e con stipendi e pensioni da fame.
Il tragico è che nessun parlamentare italiota abbia preso posizione per rimarcare che la riunione romana dei banchieri e dei loro scudieri è l’ennesima dimostrazione dell’inesistenza di una politica che ha deciso di non essere tale e che ha accettato di gestire l’esistente e di applicarei desiderata dei banditi anglofoni.
Sulla riunione ha taciuto tutta la stampa di regime. E curiosamente ha cercato di sminuirne il significato anche un quotidiano come il Fatto che appena a giugno scorso aveva dato una ben diversa e molto critica lettura della riunione in Virginia. Filippo Ghira









   
 



 
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