La guerra, perché di questo si tratta, dichiarata dalla finanza anglofona contro l’Europa ed in particolare contro l’euro raggiungerà il suo culmine nel mese di agosto. Lo scenario che avevamo anticipato nei giorni scorsi minaccia di divenire qualcosa di molto concreto. Approfittando della crisi finanziaria dei Paesi dell’area Sud, alle prese con un debito pubblico esorbitante e con le crescenti difficoltà di piazzare i titoli di Stato sui mercati, Wall Street e la City si preparano a colpire. Qui sono però necessarie alcune premesse. Nessuno come noi ha affermato la propria ostilità contro la Commissione europea, contro l’euro e contro la Bce presieduta dall’ex Goldman Sachs, Mario Draghi, un ex Britannia boy. Nessuno come noi si è mostrato contrario ad accettare che l’Italia sia svuotata della sua sovranità nazionale per consegnarla ad organismi transnazionali guidati da tecnocrati, dei quali sono noti gli stretti legami con il mondobancario e le multinazionali. Nessuno come noi è contrario alla definitiva affermazione di quel mercato globale che è funzionale agli interessi dell’Alta Finanza che vuole cancellare le peculiarità nazionali dei popoli. Detto e precisato questo, nella fase attuale, al di là della sopravvivenza dell’euro e della stessa Unione europea, è in gioco quel poco che resta di uno spirito europeo che, sulla scia del De Gaulle della “Europa delle Patrie” avrebbe potuto permettere al nostro Continente di giuocare un ruolo forte ed autonomo sul panorama globale. Un ruolo alternativo a quello degli Stati Uniti e soprattutto privo del contributo della Gran Bretagna che ha sempre lavorato, dall’esterno e poi dall’interno, contro l’Europa continentale. A guidare l’assalto finale contro l’euro saranno così i membri di un limitato gruppo di banche e di finanziarie che da anni si riuniscono periodicamente per impostare comuni strategie speculative e trovare occasioni di guadagno. Riunioni sulle qualiaveva aperto un’inchiesta il Dipartimento di Giustizia, ipotizzando, sai che scoperta, una manipolazione del mercato. Tra le banche ci sono Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup, JP Morgan Chase, Bank of America e la britannica Barclays. Tra i finanzieri ammessi, alcuni noti banditi, come John Paulson e George Soros. Tutti soggetti che hanno lucrato profitti considerevoli spingendo al ribasso le quotazioni di mercato di titoli pubblici come i Btp italiani e i Bonos spagnoli. In tal modo si sono spinti al rialzo gli interessi da pagare sulle future emissioni aumentando pure gli impegni finanziari degli Stati sottoposti a speculazione. Ed ancora, in tal modo è aumentato il differenziale di rendimento (spread) con i Bund che resta sempre il punto di riferimento per giudicare la solvibilità futura di un Paese, essendo quelli tedeschi i titoli più solidi del panorama europeo. Se a questo si aggiunge poi la strategia delle società di rating Usa che, a proprio piacimento e senzamotivi logici, declassano l’affidabilità di questo o quel titolo pubblico, si ha chiara l’idea che, mentre ognuno dei protagonisti svolgeva la propria parte, finora si sia semplicemente tastato il terreno. E che in agosto, quando gli esponenti dei governi europei, della Commissione e della Bce saranno in vacanza, partirà l’attacco finale. Una svolta che, a rigor di logica, dovrebbe segnare anche l’addio di Barack Obama alla Casa Bianca. Il maggiordomo di Wall Street, uomo della Goldman Sachs (pure lui!) non è considerato più molto affidabile dai suoi datori di lavoro. La scelta di colpire in agosto, e di togliere all’euro qualsiasi possibilità di ergersi ad alternativa al dollaro (e alla sterlina) come moneta di riferimento delle transazioni internazionali, è legata anche al minore livello di scambi che si effettuano nelle Borse in quel periodo. Tanto che una speculazione a tutto campo e con enormi risorse contro l’euro produrrebbe effetti devastanti ed irrimediabili in tuttaEuropa.Andrea Angelini
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