Gelato, penne e pizza: dalla lira all’euro, quali prodotti sono aumentati di più
 











Solo i greci si sono impoveriti con l’ingresso nella moneta unica? La domanda, quanto mai attuale nel momento in cui Atene e Bruxelles trattano sul filo di lana un nuovo piano di salvataggio per il governo di Alexis Tsipras, non è peregrina se si va a vedere quanto potere d’acquisto hanno perso molti cittadini del Vecchio Continente, con il passaggio dalle loro valute nazionali a quella comunitaria. È quello che prova a fare la nuova edizione, in uscita in digitale come allegato al  settimanale Milano Finanza, del libro “L’Euro è di tutti”, scritto da Roberto Sommella. Il saggio di Sommella, responsabile delle Relazioni Esterne dell’Antitrust ed esperto di finanza pubblica e tematiche europee, pubblicato nella prima edizione nella versione cartacea (Giovanni Fioriti Editore), offre alcuni spunti di riflessione. Vi ricordate le polemiche sul change over del 2002, la fase di cambio dalla lira all’euro? Senza voler riaprire vecchie ferite come adesempio il tasso di cambio che a molti parve eccessivo (1.936,27 lire per un euro) e il dibattito che ne seguì sull’inflazione percepita, il libro prova a fare qualche calcolo. Da cui arrivano parecchie sorprese.
Una ricognizione su cento prodotti e servizi, fotografati nel 2001 e rivalutati al 2014, grazie agli appositi coefficienti dell’Istat per depurarli dall’effetto dell’inflazione, mostra un andamento dei prezzi a due facce.
Se alcuni beni, come il francobollo, il compact disc e il burro hanno fatto registrare negli ultimi tredici anni riduzioni rispettivamente del 24, 15 e 12 prodotti, altri prodotti di largo consumo come lo shampoo o il biglietto del cinema sono rimasti di fatto invariati, altri hanno invece messo il turbo. Con due motivi di preoccupazione: non si tratta per nulla di prodotti marginali e, in molti casi, gli aumenti sono stati altissimi. E non si tratta di prodotti marginali: una semplice pizza margherita, è aumentata del 98 per cento (da 6.500 lire, parioggi a 4,29 euro tenendo conto dell’inflazione nei tredici anni passati dal 2001, è passata a 8 euro e mezzo); un chilo di pasta integrale è più caro del 79 per cento, un chilo di vitello in fettine del 69 per cento. Sul podio, non invidiabile, dei super aumenti, ci sono il cono gelato (+206 per cento dal 2001 ad oggi, il che forse spiega anche il boom di questo prodotto nelle nuove catene di rivendita), la penna a sfera (+188 per cento) e il caro, vecchio, tramezzino: lo spuntino per eccellenza costava solo 1.500 lire ed oggi lo si trova in media a 2,10 euro (+114 per cento).
I DIECI PRODOTTI CHE SONO AUMENTATI DI PIU’
L’ingresso nella moneta unica per l’Italia è stato e resta un successo storico, ma se le rendite sono aumentate, grazie alla riduzione dei tassi d’interesse - e ne sanno qualcosa i milioni di italiani che hanno potuto acquistare una casa in questi ultimi anni, beneficiando di mutui a tassi minimi rispetto a quelli dei vecchi tempi dellasvalutazione imperante - i redditi sono rimasti quasi al palo. E, per di più sono stati erosi dagli aumenti di spesa. Ecco perché, in questi momenti di crisi e di vuoto di reali politiche comunitarie, ancora in molti hanno nostalgia della vecchia moneta. E non solo in Italia.
I DIECI PRODOTTI CHE SONO DIMINUITI
La soluzione proposta da Sommella - la prefazione al libro è stata scritta dal premier Matteo Renzi - non è tornare all’antico, scelta che non farebbe che peggiorare le condizioni di vita proprio di chi già oggi fatica a sbarcare il lunario, ma arrivare a cambiare le regole del gioco su tre direttrici: modificare alcuni Trattati, come il Fiscal Compact, che rischiano solo di rendere più complicata l’uscita dalla recessione per tutta l’Eurozona; varare un vero piano Marshall per lo sviluppo, più efficace di quello proposto dalla Commissione Juncker, con la Banca centrale europea (Bce) a fare da prestatore di ultima istanza come la Fed; giungere allacondivisione dei debiti pubblici europei come insegna l’esperienza americana del 1795. Allora sono nati gli Stati Uniti d’America, che oggi conosciamo, imperniati su tre principi cardine: una moneta, una federazione, un debito. L’Unione europea è partita dalla moneta e si è fermata a metà del guado.
Forse oggi è più difficile che mai pronosticare un’uscita in gloria dalla crisi dell’euro. Ma non sarebbe male se la battaglia per la ridefinizione del debito ellenico non diventasse il preludio per una vera svolta in senso comunitario. Luca Piana,l’espresso









   
 



 
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