L’Ecuador di Correa: cambiamento reale o rivoluzione tradita?
 











Un Occidente in crisi. Una crisi economica, sociale e politica. Una crisi che vede il primato della finanza a scapito della stessa democrazia. Dopo il fallimento di Lehman Brothers, dopo le immagini dei dipendenti che escono dagli uffici con gli scatoloni e che sembrano più stupiti del repentino fallimento che del licenziamento in sé, il mondo occidentale si somiglierà sempre di più. Da quel momento, dice il filosofo francese Alain Badiou, «sotto forma di termini come Occidente, cambiamento, modernizzazione e riforma, riscontriamo lo storico tentativo di una regressione senza precedenti sotto il piano democratico e dei diritti». Un’occasione per riproporre con forza la lotta di classe, ma stavolta dall’alto contro il basso della piramide, secondo la fortunata espressione coniata da Luciano Gallino. Tutte le misure prese andranno a rispondere alle esigenze, alle richieste, dei famigerati mercati. E allora nell’Europa a due velocità e delledisuguaglianze – per uscire dalla tenaglia di una Troika che impone privatizzazioni, liberalizzazioni e tagli draconiani al welfare – si lavora per costruire un’alternativa possibile. Meccanismi di resistenza ad un sistema ormai dilagante che sta impoverendo popolazioni e saccheggiando risorse. L’America Latina viene vista come un laboratorio.
Il libro “Magia bianca, magia nera” (Jaca Book, 116pp, 12 euro) del giornalista Carlo Formenti ha il merito di condurci con un reportage storico-giornalistico in questo continente, esaminando le contraddizioni e sviscerando limiti e potenzialità del giro a la izquierda che, con l’inizio del nuovo millennio, ha coinvolto numerosi Paesi come Brasile, Argentina, Venezuela, Bolivia, Ecuador ed Uruguay. Esperienze tra loro differenti ma accomunate dalla capacità di contrastare i diktat della finanza internazionale e del Fondo Monetario per lanciare politiche di sovranità nazionale, diritti sociali e redistribuzione delle ricchezze. Chi più, chimeno. Formenti, nello specifico, dopo un lungo viaggio in loco analizza la situazione dell’Ecuador di Rafael Correa, divenuto presidente nel gennaio 2006. Il Venezuela di Chavez (e Maduro adesso), la Bolivia di Morales a appunto l’Ecuador di Correa si sono autodefiniti come modelli di “socialismo del XXI secolo”.
Se l’autore difende l’esperienza boliviana (perché più “corporativista” e con un protagonismo maggiore dell’indigenismo) ritiene troppo generosa questa definizione per il correismo, considerato più una forma di populismo di sinistra o di post neoliberismo. Quella di Correa, per Formenti, sarebbe una rivoluzione tradita, andando così contro la vulgata occidentale sui successi della Revolucion Ciudadana e gli ampi consensi di cui Correa gode in Ecuador, terra con quasi 15milioni di abitanti. Un libro controcorrente, nel mondo del progressismo nostrano, che assume come proprio il punto di vista dei movimenti indigeni e delle proteste per il buen vivir. Secondo l’accusa, Correaavrebbe solo cooptato una parte di quei movimenti, non dando un reale segno di discontinuità al Paese e non istaurando forme, appunto, di socialismo avanzato.
Ma chi è Rafael Correa? Classe 1963, cattolico di sinistra, laureato in economica ed esponente del mondo liberal, decide di candidarsi alle presidenziali del 2006 sostenuto da un giro di intellettuali legati da comuni percorsi accademici e da frequentazioni passate in manifestazioni sociali, come “volto nuovo” in un Paese in forte crisi economica ed istituzionale.
Dopo la caduta di Gutierrez in Ecuador soffia un clima di sfiducia nei confronti di partiti tradizionali, il giovane Rafael si palesa come un voto di rottura.
Il suo programma si articola su 5 punti: rivoluzione costituzionale e democratica; rivoluzione morale (lotta alla corruzione); rivoluzione economica e produttiva; rivoluzione sanitaria ed educativa; rivoluzione per la sovranità e dignità nazionali. Il suo progetto passa per la decisione di presentarsisoltanto alle presidenziali, non per il Parlamento, per convocare poi una Costituente con la partecipazione diretta del pueblo. Termine che in Sud America assume connotazioni ben diverse rispetto al popolo in Occidente. Ci riuscirà, grazie soprattutto al grande sostegno dei movimenti indigeni che rappresentano una spinta verso la lotta alla privatizzazione di beni comuni e servizi sociali, ridistribuzione di terre, autogestione e contrasto a monopoli di multinazionali e OGM a favore della sovranità alimentare.
La Costituzione di Montecristi, città dove è stata siglata, è considerata oggi una delle più avanzate al mondo nel riconoscimento dei diritti civili, sociali e ambientali, nonché dell’autonomia di minoranze etniche e nella formalizzazione di procedure di democrazia diretta e partecipativa. Il presidente ecuadoregno diventerà noto a livello internazionale anche per la sua decisione di rinegoziare il debito estero, perché considerato illegittimo, e per il suo supporto alfondatore di Wikileaks Juliane Assange – a cui dà ospitalità – e il successivo braccio di ferro con la diplomazia statunitense. Oltre a questo Correa, Formenti ne tratteggia anche un altro, quello che non ha mantenuto gli impegni presi e ha trasformato la Revolucion ciudadana in un regime centrato sulla dicotomia leader carismatico/masse.
Ripudiando le teorie “populiste” dello studioso franco-argentino Ernest Laclau (e anche quelle “moltitudinarie” di Toni Negri), l’autore, da un punto di vista fortemente marxista, accusa Correa di aver fatto affidamento indistintamente sui cittadini, senza distinzioni di classe. “Il tradimento dei principi della Costituzione – si legge nel libro – è sotto gli occhi di tutti: l’economia non è stata socializzata, come dimostra il fatto che gli interessi delle banche e delle grande imprese non sono stati toccati; si è fondato uno Stato modernizzatore su principi tecnocratici e meritocratici che ha provveduto a liquidare ogni velleità di democraziadiretta; lo Stato plurinazionale è rimasto lettera morta”. E poi la mancata riforma agraria, la semplice cooptazione dei movimenti indigeni, il non rispetto per l’ambiente con il proseguimento di politiche estrattiviste in cui la Cina sta semplicemente scalzando l’egemonia degli Usa. In soldoni, nessun cambio di sistema e tutela del buen vivir. Una rivoluzione incompiuta.
Così il libro di Formenti dipinge un prezioso affresco del laboratorio politico-sociale dell’Ecuador, anche se chi scrive ritiene troppo duro il giudizio in alcuni passaggi. Nell’era del dominio della finanza su economia, democrazia e diritti, il correismo rappresenta comunque un segnale di discontinuità rispetto al passato: cenni di sovranità alimentare, redistribuzione di ricchezze e una parvenza di diritti sono adesso una realtà per questo Paese in stretto contatto con altre nazioni del Latino America, grazie a nuovi e importanti accordi economici e politici alternativi ai trattati internazionalidominanti.
Il testo “Magia bianca, magia nera” ha il pregio di evidenziare i limiti di una Revolucion Ciudadana forse troppo mitizzata ed esaltata qui in Occidente. Una discussione preziosa sul continente latino americano da cui stanno provenendo esperienze interessanti, da studiare, analizzare e in qualche caso – perché no – importare. Giacomo Russo Spena









   
 



 
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