Dissesto idrogeologico, ora c’è da spendere un ’tesoretto’ da due miliardi di euro
 











C’è un tesoretto di oltre due miliardi di euro contro il dissesto idrogeologico che aspetta solo di essere speso. Il problema è che finora non è stato utilizzato. Colpa di burocrazia, pigrizia e veti incrociati. Ma da quando c’è la nuova struttura di missione a Palazzo Chigi guidata da Erasmo D’Angelis, la musica sta cambiando.
L’ex sottosegretario alle infrastrutture del governo Letta D’Angelis e i suoi, grazie al decreto Sblocca Italia, hanno spulciato i bilanci e scoperto che ci sono 2.273 milioni che dal 1998 a oggi non sono stati spesi per mettere in sicurezza fiumi e frane. “Finalmente adesso ci siamo e faremo partire i cantieri”, dice D’Angelis, che insieme a Mauro Grassi, suo stretto collaboratore, sta seguendo il dossier.
Questi soldi sono stati individuati in tre blocchi di bilancio. Un residuo di 321 milioni da fondi gestiti dal ministero dell’Ambiente (1998-2009) da un totale di 2.374 milioni, concessi a Comuni, Province e Regioni;un altro residuo di 1.219 milioni per 1.647 interventi individuati dagli accordi di programma Stato-Regioni (2009-2010) con fondi regionali, fondi del ministero dell’Ambiente e fondi di coesione e sviluppo, da un totale di 1.959 milioni; un terzo residuo, infine, di 785 milioni da fondi strutturali europei, da un totale di 1.314 milioni.
Denari che servono per interventi in aree cruciali del Paese e che, dice D’Angelis, “ora possiamo spendere”. Anche perché, spiega il capo struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture, “la nostra è una penisola-catalogo di grandi rischi naturali. Da sempre l’Italia è costretta (all’insaputa di troppi) alla convivenza con rischi naturali e catastrofi immani che hanno accompagnato la nostra storia. Probabilmente non esiste al mondo un Paese come il nostro con caratteristiche morfologiche quasi uniche, una aggrovigliata geofisica del sottosuolo per la sua natura geologica in gran parte giovane,caratterizzata da terreni argillosi e sabbiosi incoerenti e/o malamente ancorati alla roccia dura e stabile che ci rende tra i Paesi più franosi del mondo”.
Un dato per capire di che cosa stiamo parlando è sufficiente: 486.000 delle 700.000 frane in tutta l’Ue sono in 5.708 Comuni italiani, 2.940 a livello di attenzione molto elevato. Palazzo Chigi sta mappando frane e rischi di alluvioni in tutta Italia e a metà ottobre sarà attivo anche un sito Internet con il monitoraggio frana per frana. Così tutti i cittadini potranno seguire di chi è la competenza e come stanno andando i lavori. Un lavoro che si basa sugli studi dell’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Palazzo Chigi nel dossier ha individuato alcuni interventi essenziali da sbloccare (in totale sono tremila i cantieri da aprire): Bisagno, Sarno e Seveso sono quelli sottolineati con l’evidenziatore. Per il torrente Bisagno, quello della piena di Genova dell’ottobre 2010, ci sono 35 milioni dieuro già impegnati e finora mai spesi. Colpa di un contenzioso di alcune ditte partecipanti alla gara, vinta nel 2012, che si erano rivolte al Tar della Liguria e al Tar del Lazio. Due anni dopo, il 17 luglio 2014, quest’ultimo ha respinto tutti i ricorsi delle ditte.
“La mancata realizzazione dell’opera espone Genova al rischio di nuove tragedie”, si legge nel dossier di Palazzo Chigi. “Ma i cantieri partiranno entro l’anno”, assicura D’Angelis. L’alluvione e le frane di Sarno e Quindici, tra il 5 e il 6 maggio 1998, hanno causato la morte di 160 persone. Di queste, 137 nella sola Sarno. Per mettere tutto in sicurezza, c’è il “grande progetto Sarno”, che consiste nell’apertura di uno scolmatore e nella realizzazione di vasche e aree a esondazione controllata. La Regione Campania nel marzo 2012 ha approvato il progetto preliminare di 247,4 milioni di euro, quasi tutti fondi europei.
Il 20 ottobre invece D’Angelis e i suoi tecnici andranno a Milano, per presentare i cantieri dellamessa in sicurezza del fiume Seveso, che negli ultimi trent’anni ha causato centinaia di milioni di danni per le alluvioni tra Milano e i Comuni dell’hinterland. “L’estate 2014 – scrivono i tecnici nel dossier – la ricorderemo per le 6 esondazioni estive anche in pieno centro di Milano. Si discute da 30 anni sulle soluzioni e oggi c’è il piano per la messa in sicurezza di Milano e dintorni che prevede la realizzazione di 4 vasche di laminazione a monte di Milano e un canale scolmatore. Costo complessivo: 110 milioni”.
La velocità degli interventi dipenderà, spiegano da Palazzo Chigi, dallo snellimento della burocrazia, dal ridisegno della governance. “Con i presidenti di Regione nominati Commissari di Governo, la parola chiave è: trasparenza, controlli, efficienza. Il nuovo modello vede la politica metterci la faccia”, spiega D’Angelis, mentre passa il puntatore del mouse sul nuovo sito Internet interattivo che monitora lo stato del dissesto.DavidAllegranti,l’espresso

 









   
 



 
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