Piccole tasse, grandi evasori: Fiamme Gialle a caccia dei furbetti di Ici, Imu, Tares e Tari
 











Piccole tasse, stessa evasione. Più difficile forse da combattere. Perché mentre i comuni devono sempre più spesso ricorrere a gabelle per fronteggiare la fine delle risorse statali, allo stesso tempo non hanno gli strumenti per contrastare chi non paga. Ed ecco che la Guardia di Finanza viene chiamata a vigilare anche sui furbetti di Ici, Imu, Tares e Tari. Con un duplice obiettivo: soccorrere le casse dei municipi e scoprire “dal basso” anche quei fantasmi che sfuggono a tutti i controlli.
Gli effetti del federalismo fiscale vengono discussi, alla vigilia della scadenza dei primi versamenti per i comuni italiani, in un convegno organizzato dalla Fondazione Icsa, il più importante think tank italiano sulle questioni strategiche e la difesa della legalità. Al centro del dibattito un dossier di 190 pagine redatto dalle Fiamme Gialle che analizza la nuova collaborazione con gli enti locali, partita da due anni. Lo specchio di un sistema che vede ingioco il futuro del Paese. Le risorse statali ormai sono in fase costante di riduzione: i soldi sono finiti e la spending review che prosegue da quasi tre anni incarna questa austerità. Ma se non si combattono le evasioni fiscali, piccole e grandi, e se non si riducono gli sperperi di denaro pubblico, allora sarà impossibile garantire il welfare a cui tutti i cittadini ambiscono.
Gli enti piccoli o medi non hanno organismi in grado di fare verifiche ed ecco che da due anni si ricorre sempre più spesso agli accordi con la Finanza e l’Agenzia delle Entrate. I primi risultati della campagna nei municipi possono apparire minori. Nel 2012 infatti sono stati scoperti circa 11 milioni di tributi comunali evasi, scesi a 10 lo scorso anno: complessivamente i soggetti finiti sotto accusa sono circa 3500. Ma dagli enti territoriali sono arrivate 3440 segnalazioni qualificate: in parte dossier pronti per far scattare le multe, in altri casi invece spunti per indagini più approfondite. Un verotesoro di informazioni, perché sono i Comuni a poter notare le anomalie più significative tra redditi, proprietà e le tasse pagate. Ad esempio, nel corso di queste attività sono stati individuati meccanismi che verranno poi studiati in tutta Italia. Come quello scovato dal Nucleo di Polizia Tributaria di Gorizia sugli impianti fotovoltaici che non venivano denunciati, omettendo così l’aumento di valore degli immobili per le tasse locali.
Molto più fruttuosa la caccia all’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive tanto criticata pochi giorni fa da Sergio Marchionne. Il 90 per cento delle Regioni hanno stipulato accordi con l’Agenzia delle Entrate e la Finanza. E così la “base imponibile recuperata a tassazione” lo scorso anno è stata di oltre 25 miliardi, nel 2012 erano 33 e nel 2011 28 miliardi e 735 milioni. Il record spetta ovviamente alla Lombardia, dove è registrato il maggior numero di imprese, con oltre 7 miliardi seguita dal Lazio con più di 6.
Quella deiprotocolli di intesa tra enti e investigatori è una delle strade per impostare una guerra globale a tutti gli sperperi di denaro pubblico. Oltre alla storica collaborazione con la Corte dei Conti, sono nate altre convenzioni. Da quella con Invitalia, l’agenzia per l’attrazione degli investimenti, a quelle con gli organismi di vigilanza sugli appalti e le grandi opere, che adesso verranno concentrati nell’Autorità anti corruzione presieduta da Raffaele Cantone. Solo se si riuscirà a costruire una rete completa per chiudere tutte le falle, che permettono di non pagare tributi o di sprecare risorse collettive, si potranno portare avanti i tagli ai bilanci statali senza penalizzare i servizi ai cittadini. E, aspetto non secondario, ricostruire la fiducia nel nostro paese degli investitori internazionali. Riporta il dossier: «È assolutamente indispensabile favorire un’inversione di tendenza che, attraverso un processo di miglioramento della macchina dello Stato, faccia emergere leeccellenze che pur connotano tanti parti della pubblica amministrazione, piuttosto che singoli casi di illegalità e malversazione».
Una considerazione che riguarda anche le stesse Fiamme Gialle, prese di mira dall’inchiesta di Napoli con l’arresto di un colonnello e la perquisizione del vicecomandante generale, mentre l’istuttoria di Venezia ha svelato tangenti milionarie a un ex generale con una rete di complicità di altissimo livello. Il corpo può però rivendicare nel 2013 di avere trasmesso ben 1068 denunce per corruzione e concussione che hanno permesso alla magistratura di smascherare le più gravi vicende di malaffare.
La corruzione resta un freno potente alla rinascita del sistema paese. In Italia la spesa sostenuta delle pubbliche amministrazioni per lavori ed acquisto di beni e servizi è pari al 18 per cento del Pil dell’intera unione. «Si tratta di una potente leva di crescita e di sviluppo economico che solo per l’Italia ha comportato nel 2012 la movimentazione di oltre95 miliardi di euro, di cui 25 miliardi riferiti a lavori, 43 miliardi a servizi e 26 a forniture». E questo nonostante un calo del 4,8 per cento rispetto al 2011 dovuto alla crisi e alla spending review.
In teoria, stando ai calcoli dell’Autorità per la vigilanza sui contratti, per ogni miliardo di euro investito in appalti si generano tra 11700 e 15600 occupanti: 7.800 direttamente riconducibili dall’esecuzione dei contratti e i restanti generati dall’indotto. Se la corruzione divora in media il 5 per cento, che finisce nelle tasche di politici e mediatori, significa cinque miliardi sottratti agli investimenti e una perdita di quasi 75 mila posti di lavoro. Senza contare la quota che viene sprecata per opere mai concluse o servizi e forniture di pessima qualità, perché decisi in base alla bustarelle e non ai meriti.
Ci sono poi settori, come quello dei fondi europei, dove le frodi creano un doppio danno: fanno finire denaro nelle tasche di chi non ne avrebbe titolo e spingonole autorità di Bruxelles a negare nuovi finanziamenti. Che invece possono essere il volano alla rinascita della nostra economia, soprattutto nelle regioni meridionali. Una questione analizzata anche da una lunga inchiesta de l’Espresso .
Il dossier delle Fiamme Gialle elenca una serie di truffe. Come quella calabrese per la costruzione di un albergo con tre milioni frodati da 9 imprenditori e 6 funzionari. Che oggi oltre alle contestazioni penali devono fare i conti con le “manette patrimoniali” in mano agli inquirenti: il sequestro di beni per un importo pari a quello sottratto. Se vieni accusato di un danno alla collettività pari a tre milioni, lo Stato in attesa di accertare la verità può mettere i sigilli a case, auto, quote azionarie, conti correnti per un valore equivalente. Un’arma strategica per impedire che alla fine dei processi non ci sia nessuno che paghi.
Insomma, gli strumenti ci sono. Adesso è necessario che vengono impiegati con razionalità. Semplificando icarichi fiscali per i cittadini e le imprese obbligate a districarsi in un dedalo di imposte tipo Irap/Ici/Imu/tasse sui rifiuti/Tarsu/Tia/Tares e Tari. Ma mettendo in campo finalmente una rete di controllo che serva come deterrente contro corrotti e spreconi. Il governo Renzi ha promesso di agire e ha varato i primi provvedimenti. Ora bisogna dimostrare la volontà di farli funzionare. Gianluca Di Feo,l’espresso

 









   
 



 
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