Ventimila lavoratori senza diritto a previdenza e assistenza, 50mila "invisibili" delle campagne di raccolta. E poi ancora, irregolarità nel 65 per cento delle aziende agricole. Nel 2013 su 1558 aziende ispezionate, 565 (ovvero un terzo) hanno registrato infrazioni per illeciti. Almeno il 30 per cento dell’agricoltura pugliese si regge interamente su lavoro nero e sfruttamento dei lavoratori immigrati. Due temi, questi ultimi, che fanno sempre più rumore sulla stampa straniera (dalle Ong norvegesi a France 2 fino alla Bbc e alle riviste australiane), sconvolta dal fenomeno del caporalato. Più ombre che luci nella fotografia delle campagne regionali scattata dal sesto congresso regionale della Flai Cgil Puglia, al quale hanno preso parte tra gli altri anche il presidente della Regione, Nichi Vendola, l’assessore regionale al Lavoro, Leo Caroli, e il sindaco di Bari, Michele Emiliano. Certo, sono senz’altro luci le oltre 150mila aziende e cantinevitivinicole pugliesi che hanno conquistato il mercato internazionale e che primeggiano nelle fiere internazionali. Sono luci anche le migliaia di aziende ortofrutticole pugliesi che ormai dominano i mercati europei. Ma alla fine, sulla bilancia, pesano troppo schiavitù e sfruttamento nei campi. È quanto conferma anche il segretario regionale della Flai Cgil Puglia, Giuseppe Deleonardis nella sua relazione: "Storie che raccontano di moderni schiavi, di caporali che imperversano impuniti nelle campagne e nelle città, di donne rumene e migranti sfruttate nei campi e indotte di sera alla prostituzione - denuncia - storie di uomini e donne migranti che in decine di migliaia vivono in appositi ghetti ai limiti della civiltà, funzionali alla raccolta dei prodotti e al profitto, utilizzate da aziende agricole che per la maggior parte fruiscono anche di finanziamenti pubblici". Per questo, dal palco del congresso, in cui siede anche Yvan Sagnet, leader della rivoltadei lavoratori nelle campagne di Nardò, la richiesta è una sola: i ministeri del Lavoro e delle Pari opportunità devono aprire un’indagine sulle condizioni dei migranti e delle donne, sugli abusi e sulle molestie per l’accesso al lavoro, sul caporalato e sull’intermediazione di manodopera. Tra le vittime dello sfruttamento nei campi anche molte donne. Non a caso in Puglia su 175mila lavoratori iscritti agli elenchi anagrafici nel 2012, ben 77mila sono donne e di queste circa 20mila non raggiungono le prestazioni minime (51 giorni di lavoro) sufficienti per avere diritto alle prestazioni previdenziali e assistenziali. Due fenomeni, quelli del lavoro nero e dello sfruttamento, che secondo il sindacato si possono combattere solo con il pieno adempimento degli indici di congruità, approvati nel lontano 2006 ma varati solo nel 2013, con cui si stabiliscono le quote di manodopera in base ai suoli posseduti. Negli ultimi giorni dal fronte delle organizzazioni datoriali e da quello politicosono arrivate richieste di modifica di quegli indici. Richieste inaccettabili per la Cgil. È lo stesso segretario Deleonardis dal palco del congresso a fissare i paletti della discussione: ogni modifica non concordata "sarebbe un atto gravissimo. Nel nome della spesa e della quantità non si possono consumare violazioni di legge". Su questo tema però il sindacato incassa due sostegni politici pesanti, da parte del presidente della Regione e del sindaco di Bari. Gli indici di congruità per combattere lo sfruttamento del lavoro nero non verranno modificati "se non davanti a un tavolo di concertazione con tutti gli attori in campo. Non possiamo accettare quello che accade in alcuni angoli di Medioevo della Puglia". Dal palco del congresso il presidente Nichi Vendola tuona contro lo sfruttamento dei lavoratori nelle campagne pugliesi e lancia un avvertimento contro chi vuole allentare le regole in tema di rispetto dei diritti del lavoro. All’altolà del governatore si aggiunge anchequello del sindaco di Bari, Michele Emiliano: "Negare i diritti dei lavoratori - ha affermato il segretario regionale del Pd - equivale a incidere sulla qualità della sua opera". D’altronde il dramma dello sfruttamento dei lavoratori nelle campagne ha varcato i confini regionali. Giornali e tv di tutta Europa hanno scoperto i nuovi schiavi della raccolta di pomodori, i ghetti di Foggia e di Nardò, il processo Saber a Lecce e l’operazione Dacia a Taranto contro lo sfruttamento della prostituzione delle donne che lavorano nei campi. È del settembre scorso la decisione della Norvegia di importare meno pomodori pelati dall’Italia. Una forma di boicottaggio contro quei prodotti raccolti da braccianti malpagati e non contrattualizzati. A ottobre il caporalato irrompe sugli schermi televisivi d’Oltralpe. Un’inchiesta condotta nei campi pugliesi dai due giornalisti del programma "Cash investigation" andata in onda sul canale nazionale France 2, svela i legami traprodotti delle campagne di Foggia e Nardò e i giganti della grande distribuzione come Auchan, Lidl, Carrefour, accusati di vendere sui propri scaffali merci raccolte da lavoratori ridotti in schiavitù. Il tour dell’orrore della stampa straniera nelle nostre terre non si ferma qui. Venerdì e sabato prossimo toccherà ad alcuni giornalisti della Bbc, accompagnati da Yvan Sagnet, scoprire le dure realtà dei ghetti di Foggia e delle campagne di Lecce e Brindisi. A giugno invece arriverà un gruppo di giornalisti australiani. La vergogna del caporalato non si può più nascondere. Antonello Cassano,repubblica
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