Uomini e donne, cervelli diversi ma tanto uguali. Lo dice la scienza
 











Gli uomini sono bravi in matematica. Le donne sono portate per prendersi cura degli altri. I ragazzi sono iperattivi, le ragazze sono chiacchierone. Stereotipi di genere apparentemente supportati da una vasta letteratura scientifica - e ben radicati nell’immaginario collettivo - che sono estremamente duri a morire. Una tendenza cui la scienza ha recentemente dato un nome: neurosessismo. In altre parole, "la convinzione che le differenze intrinseche tra cervello maschile e femminile predispongano i sessi a comportamenti fissati, immutabili e stereotipati", come racconta sulle pagine di Science la psicologa Cordelia Fine, dell’Università di Melbourne, Australia.
Nel suo articolo, Fine denuncia la tendenza di parte della comunità scientifica, in particolare dei ricercatori che lavorano nell’ambito delle neuroscienze e della psicologia cognitiva, a dare per scontato che le differenze biologiche tra il cervello dei due sessi siano innate e invariabilinel tempo. Due terzi degli studi che ipotizzano tali differenze, secondo la scienziata, non sarebbero supportati da sufficienti prove scientifiche. Le ricerche di genere dell’ultimo decennio, invece, hanno mostrato esattamente il contrario: il cervello umano è un organo estremamente plastico e mutevole, capace di modificarsi e adattarsi all’ambiente circostante a prescindere dal genere. Piuttosto che classificare i comportamenti umani in "maschili" o "femminili" sarebbe più opportuno - e scientificamente corretto, secondo Fine - riconoscere che uomini e donne sono caratterizzati da un mosaico unico e complesso di entrambe le caratteristiche. E inoltre, ammonisce ancora la scienziata, il comportamento umano è di per sé mutevole, dal momento che "le differenze tra maschi e femmine variano a seconda del momento storico, della posizione geografica, del gruppo sociale di appartenenza". Tutta questione di milieu, insomma.
D’altronde, la tesi di Fine non vale solo per gli esseri umani. Unaricerca del 2012 ha mostrato, per esempio, che una breve esposizione allo stress può invertire delle differenze biologiche nell’ippocampo di topi maschi e femmine. Indice che il cervello, probabilmente, è molto più plastico di quello che si possa comunemente pensare, ed è l’adattamento all’ambiente, più che l’appartenenza a un genere, a modellarne la struttura. È la cosiddetta "ipotesi della somiglianza dei generi", proposta già nel 2005 da Janet Shibley Hyde, dell’Università del Wisconsin-Madison, e supportata da una meta-analisi (la revisione critica di una serie di lavori scientifici) su oltre quaranta pubblicazioni. Del problema si sono resi conto anche gli esperti del National Institutes of Health statunitense: "Nonostante oggi sappiamo molto più di prima sul ruolo di genere e sesso in medicina", denunciavano a maggio scorso su Nature a proposito della ricerca di base, "le pubblicazioni scientifiche spesso continuano a trascurare considerazioni di genere negli studipreclinici".
Gina Rippon, neuroscienziata dell’Università di Birmingham, sta remando nella stessa direzione. Anche lei è convinta che le differenze di genere non siano innate, ma emergano solo a causa di fattori ambientali. Contestando uno studio del 2013 che suggeriva che il cervello femminile fosse più portato a socializzazione, memoria e multitasking e quello maschile a movimento e orientamento spaziale, la scienziata sostiene che "ogni differenza è in realtà estremamente piccola e conseguenza dell’ambiente, non della biologia. È impossibile prendere un cervello e stabilire se sia maschile o femminile, come si può fare, per esempio, per lo scheletro". È stato mostrato, per esempio, che il cervello dei tassisti londinesi è fisicamente cambiato dopo aver fatto loro imparare a memoria lo stradario della capitale: allo stesso modo, secondo Rippon, il cervello delle donne potrebbe modificarsi, sembrando più "predisposto" al multitasking, solo perché a causa del proprio ruolo nellasocietà la donna è portata a usarlo più spesso a quello scopo. Niente più Marte né Venere, dunque: siamo tutti creature terrestri.Sandro Iannaccone,repubblica

 









   
 



 
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