"La dottrina e la giurisprudenza qualificano l’attività dei laboratori di analisi privati accreditati dal SSR quale concessionari privati di un servizio pubblico. Le direttive comunitarie n. 17 e n. 18 del 2004 definiscono la concessione di servizi come “un contratto nel quale il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo”. Anche l’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare che le concessioni si distinguono per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente una certa attività in capo al soggetto privato. Pertanto, nella concessione, l’operatore privato assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto (anche imposto ovvero predeterminato dall’ente concedente come avviene con il tariffario regionale nelcampo della specialistica ambulatoriale privata e, quindi, nel settore dei laboratori di analisi). Alle strutture private accreditate (alias ai concessionari privati di un servizio pubblico) a garanzia della qualità del servizio offerto, vengono correttamente richiesti determinati requisiti (strutturali, tecnologi e di personale) imposti dalla normativa di legge vigente (essenzialmente il Decreto Craxi dell’84, il DPR 14.1.97 ed il regolamento n. 3 del 2005,aggiornato nel 2010). Dalla inderogabile necessità di sostenere i costi gestionali, al fine, in primis, di prevenire diseconomie dannose per l’intero sistema economico e pericolose per la popolazione, stante il rango costituzionale del servizio offerto (ovvero la tutela della salute), consegue il dovere (per meglio dire, il diritto) di queste strutture di essere assegnatarie di un budget quanto meno adeguato ai costi minimi necessari all’offerta di un servizio per il quale tali strutture sono titolari di concessione. Quantoinnanzi anche alla luce del fatto che l’attività viene svolta in un mercato protetto o in un quasi mercato nel quale tutti i cittadini sono tenuti al pagamento di un ticket, se non risultano totalmente esenti. In breve, l’attività privata è inesistente (1% come segnalato dall’Antitrust al Presidente della Regione) e la vera e propria sopravvivenza di queste strutture dipende dai tetti di spesa annualmente assegnati. Vi è più, i predetti costi minimi eccedono gli irrisori budget assegnati dalla regione Puglia ininterrottamente dal 1998 ad oggi ad alcune strutture private accreditate della branca di patologia clinica. Ebbene, come è notorio, ormai da oltre 10 anni i fondi pubblici vengono assegnati alle strutture private accreditate della specialistica ambulatoriale privata attraverso i tetti di spesa basati - incredibilmente! - sullo storico Ma il muro si è sgretolato !! Il governo regionale ha iniziato un percorso equitativo sin dal 2006 e sull’argomento si è espressaanche l’Autorità Garante del Mercato e della Concorrenza (Antitrust). Il re è nudo, ma tutti si ostinano ad ignorare la situazione e continuano a prendere e perdere tempo. Cosa ancor più grave ed insostenibile, siamo oramai alla metà di luglio ed in diverse ASL della Regione le strutture sono ancora prive di una qualsiasi indicazione. Nella ASL della Provincia di Bari nel 2010 sono stati assegnati budget virtuali. Ma, cari signori, le strutture per sopravvivere devono affrontare costi reali ! Sino a quando Presidente Vendola durerà , dunque, questo gioco che continua ad agevolare solo alcune strutture a danno di altre ? Leonardo Perrone, operatore del settore, riceviamo e pubblichiamo
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