La stupenda anomalia di -Libera-
 







di Giovanni Russo Spena




Anche quest’anno i tre giorni di formazione e di impegno dell’Associazione "Libera", a Savignano, mi hanno colpito per la passione collettiva, per la lucidità della riflessione.
Dobbiamo porci nell’atteggiamento utile dell’ascolto. Non è una novità per chi, come me, ama questa associazione e ama la testimonianza quotidiana straordinaria di Don Luigi Ciotti.
Quest’anno mi ha particolarmente colpito la forza del messaggio, la partecipazione diffusa di una organizzazione che non conosce alienazione, passività, disincanto, ma che è, anzi, cresciuta a dismisura mentre tutte e tutti affrontiamo la crisi della democrazia e la sconfitta della rappresentanza. "Libera", nella sua stupenda anomalia, è felicemente controcorrente. Non è una sapiente mistificazione propagandistica né una pura chiacchiera mediatica. Dietro i movimenti collettivi vi è un lavoro certosino e difficile sul territorio, vi è un vissuto di lotte, di antagonismi contro il sistema dipotere delle mafie, contro l’intreccio perverso e modernissimo tra economia legale ed illegale.
E’ un "fare" prima e oltre che un "dire"; chi non fa (dicevamo una volta) non ha diritto di parola.
E’ un processo di riqualificazione della politica, non quella politicista, ma quella che innesca sul serio percorsi di presa di coscienza e di trasformazione.
Non a caso Savignano non è una meta, ma un momento di crescita collettiva e di raccolta di forze per rilanciare l’agenda, gli appuntamenti, le riflessioni. Con un intreccio molto intenso fra la militanza quotidiana e l’incontro con la società. Partono in questi giorni i campi estivi sui terreni confiscati alle mafie, atto molto forte di "antimafie sociali": coinvolgono punti di vista alternativi alla mediocrità quotidiana, qualità dell’occupazione, sapori dei percorsi di liberazione dalle mafie, capacità organizzativa delle cooperative di ragazze e ragazzi i cui sguardi luminosi ridanno coraggio. Nel Casertano, sui terreniconfiscati ai Casalesi, nasce il marchio della "Mozzarella di bufala della legalità". Il 23, 24 e 25 ottobre è fissata l’importante convenzione (internazionale e nazionale) di "Narcomafie", gli stati generali dell’antimafia. Una riflessione che ha alla base l’impegno del giornalismo di inchiesta e di elaborazione, teso a decostruire gli stereotipi più diffusi. La mafia non è, infatti, "emergenza"; è un fenomeno strutturale, è parte dell’accumulazione economica, dei processi di valorizzazione del capitale; non è, per lo più, nell’attuale contesto, solo comando militare sul territorio, ma "borghesia mafiosa", spesso di livello professionale sofisticato (avvocati, architetti, medici, direttori di banca, insieme ad amministratori e politici).
Inoltre, la mafia non è "antistato"; ha un rapporto complesso con le istituzioni; questo rapporto è paradigma fondativo delle mafie, perché la mafia è un soggetto politico. Un momento di grande impegno (oltre che di sacrosanta testimonianza) sarànel 2010, come sempre, il 21 marzo. Quest’anno la sfida sarà portata a Milano. Lì dove, cioè, il sistema politico nega perfino l’esistenza delle mafie; le quali hanno, invece, conquistato segmenti importanti dei processi produttivi, gestiscono settori urbanistici, governano parti rilevanti del sistema finanziario. L’Expo rischia di essere un detonatore delle mafie. A Milano la scansione del ricordo, dei nomi delle vittime starà anche ad indicare la necessità di non essere muti rispetto al degrado dello stato di diritto, alla crisi del costituzionalismo democratico.
Lo "stalliere" di Arcore, che Dell’Utri eleva ad eroe perché non ha parlato dinanzi ai magistrati, è solo la metafora della stanchezza di una coscienza civile che può trovare, invece, nel 21 marzo un momento di partecipata indignazione e ribellione di massa. Intanto, senza che neppure un minuto passasse dal momento dell’approvazione in Parlamento delle vergognose leggi razziali, "Libera" è partita sul terreno, eticamentee politicamente alto, della obiezione di coscienza e della disobbedienza di massa.
Siamo tutti clandestini perché "nessuno è clandestino" come ha narrato, nelle sue commoventi conclusioni, Don Luigi Ciotti ricordando Don Tonino Bello. Praticheremo, tutte e tutti, atti quotidiani di disobbedienza.

 









   
 



 
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