La risoluzione sull’acciaio adottata questo 17 dicembre dal Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria a Strasburgo, è un testo molto deludente dal punto di vista della presa di coscienza da parte degli stati membri dell’evidenza che produrre acciaio non riguarda solo l’economia, la finanza, la competizione tra mercati internazionali ma è una questione che tocca direttamente punti cardini quali l’ambiente e la salute umana. Il testo adottato, invece, discusso sulla base di una mozione unica presentata il 15 dicembre dal PPE (del quale fanno parte gli eurodeputati eletti in Forza Italia e NCD-UDC), S&D (del quale fanno parte gli eurodeputati eletti nel Partito Democratico) e Verdi Europei (dei quali non fa parte nessun deputato italiano), é una compilazione poco esaltante dei motivi per i quali l’Unione Europea deve rilanciare la propria economia a livello mondiale, ponendo la produzione di acciaio come carro tirabuoi. Rifacendosi allastoria, quindi prendendo il settore siderurgico come collante di rilevanza strategica nel processo d’integrazione europea, e proseguendo fino alla conclamata crisi della domanda, dalla quale scaturisce una perdita di occupazione e competitività, il testo stabilisce che tra gli obiettivi dell’UE rientra quello di sostenere l’industria siderurgica eliminando gli ostacoli alla sua competitività e facendo in modo che essa trionfi sui mercati extraeuropei. Nessun accenno è fatto alle questioni ambientali e sanitarie, tranne un richiamo alla riduzione di CO2. L’industria siderurgica europea si trova di fronte ad una grossa crisi, ma una gran parte dei paesi europei rappresentati oggi a Strasburgo ha già attuato, sul proprio territorio, quelle profonde e, in alcuni casi totali, ristrutturazioni che permettono oggi ai loro impianti di produrre con un impatto minimo sulla salute umana e sull’ambiente. Uno per tutti, lo stabilimento VoestAlpine di Linz, in Austria. La siderurgia hagenerato e genera impiego, le sono attribuibili oltre 350.000 posti di lavoro incluso l’indotto. La domanda da porsi è come mai i rappresentanti italiani eletti al Parlamento Europeo abbiano continuato a difendere una posizione di retroguardia volta alla difesa della produzione, refutando ogni emendamento di natura “verde”, quando invece attraverso il Parlamento Europeo avrebbero potuto far adottare una risoluzione che andasse nel senso del rispetto dei diritti di tutti e quindi anche di coloro che l’acciaio lo portano sulla propria pelle e nei propri polmoni. I francesi, i tedeschi, gli austriaci, hanno da difendere posti di lavoro e impianti funzionanti, e nella maggior parte dei casi messi a norma. Cosa hanno difeso oggi in aula gli eurodeputati italiani, visibilmente “riscaldati” sul tema ILVA/Taranto al momento della discussione di un emendamento in merito? Hanno difeso le mille persone che ogni anno a Taranto si ammalano di tumore? I dati, registrati dall’ASL di Taranto,sono stati resi pubblici ieri da Peacelink e dai Verdi. Hanno difeso un’azienda che è al collasso: l’ENI vuole tagliare le forniture di gas all’ILVA a partire dal 29 dicembre, pare per insolvenza o forse per dare una mano al Governo affinché si arrivi alla bancarotta, si possa chiudere tutto in una “bad company ILVA” per far rinascere una “new company ILVA” da offrire a Marcegaglia e Mittal. Se la sfida è quella della ripresa economica europea, legittima e tanto attesa, il metodo di realizzazione non dovrebbe essere il sacrificio umano in nome di una bandierina su una quota acciaio: pare che l’Italia non sia capace di produrre acciaio rispettando le norme italiane e europee. E allora, perché ostinarsi? Tanto le autorizzazioni ambientali non vengono rispettate, gli impegni presi da politici e tecnici con la città sono stati disattesi. Cosa si va a difendere a Strasburgo? Una débâcle già in atto? Lavarsi la coscienza immaginando che “preservare le competenze e il know-how” eintrodurre l’utilizzo delle BAT (best available technologies) possa bastare a salvare le persone e possa evitare quel picco di tumori orrendo che incombe sui tarantini nell’arco dei prossimi 10 anni, non può bastare. L’approccio ambizioso per l’Europa dovrebbe prevedere la riconversione, laddove tutto è stato compromesso, non può sorgere più nulla, laddove esce il catrame dalla terra e ogni bambino di oggi è un malato quasi certo di domani. Espressioni come “slancio produttivo”, “tecnologie all’avanguardia”, “monitoraggio necessario delle operazioni di produzione” sono una offesa agli operai che l’acciaio italiano lo producono nudi davanti al rischio, senza la certezza di oggi e men che meno del domani. Antonia Battaglia-micromega
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