Grida vittoria il Comune di Gagliano del Capo, al quale il TAR di Lecce ha dato il via libera per avviare gli interventi di messa in sicurezza del costone del Ciolo. Mentre Legambiente prepara la controffensiva per cercare di salvare il Paradiso del Salento da un progetto definito "distruttivo" e la Procura riaccende i riflettori su alcuni lavori, effettuati nei giorni scorsi senza che sia stato ancora aperto un vero e proprio cantiere. La ricca documentazione fotografica messa insieme dagli ambientalisti e’ stata infatti acquisita al fascicolo dei sostituti procuratori Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro, aperto un anno fa con le ipotesi di deturpamento delle bellezze naturali e falso, in seguito agli esposti che lamentavano l’eccessiva invasivita’ del progetto da un milione di euro finanziato con fondi CIPE. Quello che l’amministrazione di Gagliano del Capo e la società appaltante Etacons hanno fretta di realizzare e il cui cantiere dovrebbeessere avviato già nelle prossime ore, alla luce della sentenza favorevole con tanto di motivazione, emessa dal TAR a una settimana dalla discussione della causa. I giudici amministrativi hanno rigettato il ricorso di Legambiente, accogliendo invece le argomentazioni degli avvocati Pietro Quinto e Luciano Ancora (che rappresentavano rispettivamente il Comune e la ditta incaricata), secondo i quali non "era necessaria una preventiva variante urbanistica ai fini dell’approvazione del progetto e della dichiarazione di pubblica utilità, avuto riguardo alla natura conservativa dell’intervento, compatibile con la tipizzazione della zona come E". Il TAR ha inoltre recepito l’ipotesi in base alla quale l’intervento di consolidamento programmato non avrebbe dovuto essere sottoposto a Via (così come sostenuto dai ricorrenti), in quanto "le opere, pur connesse alla gestione della fascia costiera, interessano l’intero territorio e sono previste a un’altezza tale da rendere praticamente nullaqualsiasi interferenza con la fascia di costa a contatto con il mare". La sentenza da sostanzialmente il via libera ai lavori, anche se Legambiente non esclude di appellarla davanti al Consiglio di Stato e, per farlo, ipotizza di lanciare una raccolta fondi pubblica al fine di raccogliere la cifra necessaria per sostenere le spese legali, che ammonterebbero almeno a 2000 euro. Il grido d’allarme degli ambientalisti, del resto, da mesi riecheggia sui social network e amplia la platea di chi non vede di buon occhio il programma di messa in sicurezza, che prevede, tra l’altro, di effettuare 1817 fori nella roccia, 4,26 km di perforazione e 4,7 km riempiti di cemento; utilizzando 480 piastre in acciaio zincato e 2.550 metri di funi in acciaio, pannelli a rete su 4.752 metri quadrati e rete metallica su altri 209 metri quadrati. Per valutare la congruità di tale tipologia di intervento con la difesa di uno degli angoli più suggestivi della costa adriatica leccese, la Procurapotrebbe nominare presto dei consulenti. Il rischio - di cui si parla anche nel palazzo di giustizia - e’ che il Ciolo si trasformi in un’altra Porto Miggiano e che i lavori per la messa in sicurezza anziché consolidare possano distruggere.Chiara Spagnolo,repubblica
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