In ginocchio davanti alla morte
 











Sono state molte le reazioni alla nostra inchiesta sui farmaci oncologici a pagamento. Ma una mi ha colpito più di tutte: è la breve lettera che mi ha inviato un giovane quanto brillante oncologo di Catania. Si chiama Giuseppe Banna e mi scrive: «Siamo in ginocchio davanti alla disperazione dei nostri pazienti».
Banna è un uomo raffinato di poco più di trent’anni e fa un mestiere spaventoso, l’oncologo medico. Ha gli occhi azzurro vivo dei Normanni di Sicilia e immagino che se la passi tra l’amore della giovane e bella moglie, la curiosità per i figli, il mare davanti all’Etna, le volate in montagna. Immagino che un ragazzo faccia l’oncologo con l’esprit des sciences. Che voglia fare ricerca e abbia l’ambizione un po’ folle di vedere il cancro sconfitto prima o poi. A quell’età non si è ancora logorati dall’incontro quotidiano con la morte. Si pesta duro dentro gli ospedali pubblici quasi furiosamente, per strapparle dei giorni, sventolando ildiritto garantito dalla Costituzione. Ma in quella frase non c’è niente di tutto ciò. C’è una specie di grido di dolore che è sì la ineluttabile reazione di un ragazzo che maneggia il cancro tutti i giorni, ma anche la rabbia di un medico che vede lacerarsi la pubblica istituzione.
Fosse almeno per quelli come Banna, che Beatrice Lorenzin, gli uomini dell’Aifa, i furbacchioni di mezz’Italia dovrebbero darci una risposta. Perché? Far pagare i farmaci anticancro non è una misura economicistica come un altra. È un vulnus irreparabile, uno strappo nella bandiera dei diritti e della pietas che sono l’ossatura del servizio sanitario nazionale.
Con tutt’altro linguaggio, anche il Collegio Italiano Primari Oncologi Medici Ospedalieri si stupisce del disinteresse di ministro e Aifa che lasciano soli i medici. E dice:
«Il Decreto Balduzzi del 13 settembre 2012 ha aperto la strada ai cosiddetti farmaci in fascia CNN, cioè farmaci in fascia C “non negoziati” e il cui costo è sostenuto daipazienti o dalle aziende ospedaliere che possono permettersi di accollarselo, in attesa della definizione del tetto di prezzo da parte dell’AIFA. Da un lato, ciò ha reso possibile la distribuzione di farmaci, tra cui diversi antitumorali, indispensabili per la cura di certe patologie, dall’altro ha creato una situazione di incertezza e forte disparità, fra chi può sostenere le proprie cure e chi no». E aggiunge la dichiarazione del presidente del CIPOMO, Gianpiero Fasola: «L’intenzione del ministero era buona nel concedere in questo modo ad AIFA un tempo per la negoziazione dei prezzi, permettendo la distribuzione di farmaci ad esempio oncologici fondamentali per certe cure. Purtroppo però il risultato è stato un peggioramento delle possibilità di cura: oggi ci sono aziende sanitarie che acquistano i farmaci in fascia CNN e aziende che non li acquistano perché non possono permetterselo. Ci sono amministrazioni regionali che hanno fornito disposizioni in merito e altre che non si sonoespresse. “All’interno di quella fascia ci sono farmaci molto costosi per i pazienti e altri con rapporto costo beneficio dubbio. L’incertezza genera disparità che non corrispondo ai principi alla base del Servizio Sanitario Nazionale. Chi ha la responsabilità di decidere decida quali sono i farmaci realmente innovativi e qual è il rapporto costi benefici che il Paese può permettersi. Non è accettabile che pazienti e medici siano lasciati soli in questa incertezza, con le poco etiche conseguenze che ne derivano in termini di accessibilità alle cure».

 

 









   
 



 
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