L’Italia è un paese a vocazione turistica. Ne consegue che l’industria del turismo in Italia è una successione di disastri economici, crisi finanziarie e fallimenti. Qualche nome: Cit, Alpitour e Parmatour, precipitata nel crac Parmalat. Tocca a Valtur, adesso. La società della famiglia Patti è stata messa in amministrazione straordinaria e affidata a tre commissari nel settembre del 2011. Da allora, i suoi ricavi si sono ridotti di due terzi dai 180 milioni del 2011. I debiti, invece, rimangono lì, sopra quota 300 milioni di euro. La conclusione sembra segnata dopo un’avventura durata quattordici anni e vissuta all’insegna delle spese faraoniche, delle acquisizioni a prezzi insensati e di una logica imprenditoriale che doveva tenere buoni i padroni politici del momento. Lo Stato è entrato ed uscito da Valtur senza riuscire a raddrizzare la rotta, anzi, complicando la situazione in modo difficilmente riparabile. La crisi ci ha messo del suo ma,anche senza gli integralisti islamici e gli squali mangiaturisti di Sharm el Sheikh, il modello di business era all’insegna della missione impossibile. In questa storia così italiana non poteva mancare un ruolo di primo piano per la magistratura, che è intervenuta a più riprese. In particolare, il bersaglio è stato il fondatore del gruppo Carmelo Patti, partito da Castelvetrano (Trapani) negli anni Sessanta per diventare uno dei principali fornitori della Fiat. Patti, secondo gli inquirenti, è un prestanome di Matteo Messina Denaro, la primula rossa di Cosa Nostra. La teoria è finora indimostrata, così come appare ottimistica la richiesta di sequestro per 5 miliardi di euro avanzata contro Patti. Finora il blocco dei beni è stato respinto perché, a parte l’eventuale rapporto con il boss, Carmelo Patti non ha neanche lontanamente un patrimonio di quella consistenza. Altrimenti, è improbabile che Valtur si troverebbe dove si trova, sull’orlo della liquidazione definitiva. Le asteper cedere il marchio sono state un disastro. La migliore offerta non arriva a 1 milione di euro ed è stata presentata da Luca Patanè, imprenditore milanese proprietario delle agenzie di viaggio Uvet. Le concessioni, soprattutto le concessioni dei villaggi all’estero che danno i profitti maggiori, sono sfumate una dopo l’altra. Le nove strutture superstiti saranno messe all’asta dai commissari in una seconda fase, ma non bastano a coprire il buco. Tanto più che Invitalia ha staccato la spina. La società pubblica che dovrebbe sostenere gli investimenti nel turismo ha deciso di non acquistare il 30 per cento dei villaggi Valtur in Italia e all’estero. Più che un acquisto, si sarebbe trattato di un riacquisto perché lo Stato ha mantenuto una quota di minoranza nella società dei Patti dalla metà degli anni Settanta al 2001, tre anni dopo l’arrivo dei Patti. Il legame pubblico-privato è durato anche dopo sulla base di una scrittura privata del 2000 firmata dall’amministratore delegato diSviluppo Italia, Dario Cossutta - figlio del "ministro delle Finanze" del Pci Armando - trasmigrato nel private equity con Investitori Associati dopo la caduta del centrosinistra nel 2001. La scelta di rompere il sodalizio in perdita è stata presa al termine di una trattativa durata un anno e mezzo tra l’amministratore delegato Domenico Arcuri e Maria Concetta Patti, la figlia maggiore di Carmelo. La rottura tra il partner pubblico e quello privato sarebbe arrivata proprio per questioni legate all’inchiesta trapanese. Ma l’intervento della Dia di Trapani è stato un felice pretesto per chiudere un’avventura che sarebbe finita a carico del contribuente. Per la mancata promessa di matrimonio la famiglia Patti ha appena presentato una citazione contro Invitalia per 115 milioni di euro. Invitalia, per parte sua, aveva già fatto causa ai Patti per una questione di canoni d’affitto non pagati. Eppure i tifosi dell’intervento statale erano tanti e di peso. Tra i politici, in primafila c’era Gianni Letta al tempo sottosegretario di Silvio Berlusconi. Da ministri si sono spesi anche Angelino Alfano e Claudio Scajola con il fedele Ignazio Abrignani, avvocato marsalese responsabile dell’ufficio elettorale del Pdl appena rieletto ed ex commissario straordinario della Cit in bancarotta. Quasi per naturale conseguenza Arcuri, un manager nominato nel 2007 dal centrosinistra e confermato da Berlusconi, ha potuto contare sull’appoggio della fazione avversa a quella di Letta. Il no del ministro dell’Economia Giulio Tremonti è stato ribadito dal tremontiano Massimo Varazzani, numero uno di Fintecna, l’altra società pubblica in predicato di sostenere le sorti traballanti di Valtur. A cercare di mettere tutti d’accordo per superiori interessi bancari si è messo Gaetano Miccichè, il Miccichè che conta, fratello del neotrombato Gianfranco e direttore generale di Intesa con delega per il settore corporate. La maggiore banca italiana ha sostenuto fino alla fine laValtur con l’emissione di un bond, ossia un prestito obbligazionario convertibile, da 20 milioni di euro. Non è bastato. Così come non è bastato coinvolgere nel tentativo di ristrutturazione un esperto gradito al centrodestra come Maurizio Dallocchio, docente alla Bocconi indagato per la truffa sugli immobili dell’Enpam. Di rinvio in rinvio, la famiglia Patti ha dovuto accettare l’amministrazione controllata dopo un estremo tentativo di salvataggio fatto il 29 settembre 2011 durante un vertice a palazzo Chigi tra Gianni Letta, Maria Concetta Patti, Varazzani, Miccichè, Arcuri e Arnaldo Borghesi, oggi numero uno di Mittel e al tempo consigliere di Valtur. Il giorno dopo la proprietà ha chiesto l’amministrazione straordinaria. Anche sui commissari nominati dal ministro delle Attività produttive Paolo Romani (Pdl) non sono mancate le polemiche. Il terzetto è composto da Daniele Discepolo, considerato molto vicino a Intesa, Stefano Coen, uomo di Letta, e Andrea Gemma, nipote di un examministratore della Valtur. Fonti interne al gruppo Patti indicano che Gemma e Discepolo hanno presentato parcelle alla Valtur, il che li renderebbe ineleggibili come commissari. Il loro lavoro comporta un onorario consistente. Si parla di un paio di milioni complessivi ai quali andrà aggiunta la percentuale del 3 per cento in caso siano cedute le nove strutture superstiti del gruppo. Un lavoro pagato bene, ma Valtur ha sempre pagato fin troppo bene. E’ stato così quando, all’inizio dell’avventura dei Patti, per 15 miliardi di lire sono stati acquisiti i terreni di Gallipoli da Sandro Portaccio, grande amico di Massimo D’Alema che al tempo presiedeva il Consiglio dei ministri. Ed è stato così quando i Patti hanno rastrellato proprietà in Sicilia, dalla valle del Belice al villaggio di Favignana, per ritrovarsi la distilleria Bertolino a rovinare l’effetto paradiso tanto ricercato dai turisti di élite. La guerra fra i Patti e i Bertolino è proseguita con altri mezzi, per dirlaalla von Clausewitz. Tra i pentiti che accusano Carmelo Patti c’è Angelo Siino, detto Bronson, ex ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra e cognato della signora Bertolino per averne sposato la sorella. A saldo di questa avventura ci sono centinaia di posti di lavoro in meno. L’Italia un paese a vocazione turistica? Un pregiudizio da sfatare. L’Italia è un paese a vocazione turistica. Ne consegue che l’industria del turismo in Italia è una successione di disastri economici, crisi finanziarie e fallimenti. Qualche nome: Cit, Alpitour e Parmatour, precipitata nel crac Parmalat. Tocca a Valtur, adesso. La società della famiglia Patti è stata messa in amministrazione straordinaria e affidata a tre commissari nel settembre del 2011. Da allora, i suoi ricavi si sono ridotti di due terzi dai 180 milioni del 2011. I debiti, invece, rimangono lì, sopra quota 300 milioni di euro. La conclusione sembra segnata dopo un’avventura durata quattordici anni e vissuta all’insegna delle spesefaraoniche, delle acquisizioni a prezzi insensati e di una logica imprenditoriale che doveva tenere buoni i padroni politici del momento. Lo Stato è entrato ed uscito da Valtur senza riuscire a raddrizzare la rotta, anzi, complicando la situazione in modo difficilmente riparabile. La crisi ci ha messo del suo ma, anche senza gli integralisti islamici e gli squali mangiaturisti di Sharm el Sheikh, il modello di business era all’insegna della missione impossibile. In questa storia così italiana non poteva mancare un ruolo di primo piano per la magistratura, che è intervenuta a più riprese. In particolare, il bersaglio è stato il fondatore del gruppo Carmelo Patti, partito da Castelvetrano (Trapani) negli anni Sessanta per diventare uno dei principali fornitori della Fiat. Patti, secondo gli inquirenti, è un prestanome di Matteo Messina Denaro, la primula rossa di Cosa Nostra. La teoria è finora indimostrata, così come appare ottimistica la richiesta di sequestro per 5 miliardi dieuro avanzata contro Patti. Finora il blocco dei beni è stato respinto perché, a parte l’eventuale rapporto con il boss, Carmelo Patti non ha neanche lontanamente un patrimonio di quella consistenza. Altrimenti, è improbabile che Valtur si troverebbe dove si trova, sull’orlo della liquidazione definitiva. Le aste per cedere il marchio sono state un disastro. La migliore offerta non arriva a 1 milione di euro ed è stata presentata da Luca Patanè, imprenditore milanese proprietario delle agenzie di viaggio Uvet. Le concessioni, soprattutto le concessioni dei villaggi all’estero che danno i profitti maggiori, sono sfumate una dopo l’altra. Le nove strutture superstiti saranno messe all’asta dai commissari in una seconda fase, ma non bastano a coprire il buco. Tanto più che Invitalia ha staccato la spina. La società pubblica che dovrebbe sostenere gli investimenti nel turismo ha deciso di non acquistare il 30 per cento dei villaggi Valtur in Italia e all’estero. Più che un acquisto,si sarebbe trattato di un riacquisto perché lo Stato ha mantenuto una quota di minoranza nella società dei Patti dalla metà degli anni Settanta al 2001, tre anni dopo l’arrivo dei Patti. Il legame pubblico-privato è durato anche dopo sulla base di una scrittura privata del 2000 firmata dall’amministratore delegato di Sviluppo Italia, Dario Cossutta - figlio del "ministro delle Finanze" del Pci Armando - trasmigrato nel private equity con Investitori Associati dopo la caduta del centrosinistra nel 2001. La scelta di rompere il sodalizio in perdita è stata presa al termine di una trattativa durata un anno e mezzo tra l’amministratore delegato Domenico Arcuri e Maria Concetta Patti, la figlia maggiore di Carmelo. La rottura tra il partner pubblico e quello privato sarebbe arrivata proprio per questioni legate all’inchiesta trapanese. Ma l’intervento della Dia di Trapani è stato un felice pretesto per chiudere un’avventura che sarebbe finita a carico del contribuente. Per la mancatapromessa di matrimonio la famiglia Patti ha appena presentato una citazione contro Invitalia per 115 milioni di euro. Invitalia, per parte sua, aveva già fatto causa ai Patti per una questione di canoni d’affitto non pagati. Eppure i tifosi dell’intervento statale erano tanti e di peso. Tra i politici, in prima fila c’era Gianni Letta al tempo sottosegretario di Silvio Berlusconi. Da ministri si sono spesi anche Angelino Alfano e Claudio Scajola con il fedele Ignazio Abrignani, avvocato marsalese responsabile dell’ufficio elettorale del Pdl appena rieletto ed ex commissario straordinario della Cit in bancarotta. Quasi per naturale conseguenza Arcuri, un manager nominato nel 2007 dal centrosinistra e confermato da Berlusconi, ha potuto contare sull’appoggio della fazione avversa a quella di Letta. Il no del ministro dell’Economia Giulio Tremonti è stato ribadito dal tremontiano Massimo Varazzani, numero uno di Fintecna, l’altra società pubblica in predicato di sostenere lesorti traballanti di Valtur. A cercare di mettere tutti d’accordo per superiori interessi bancari si è messo Gaetano Miccichè, il Miccichè che conta, fratello del neotrombato Gianfranco e direttore generale di Intesa con delega per il settore corporate. La maggiore banca italiana ha sostenuto fino alla fine la Valtur con l’emissione di un bond, ossia un prestito obbligazionario convertibile, da 20 milioni di euro. Non è bastato. Così come non è bastato coinvolgere nel tentativo di ristrutturazione un esperto gradito al centrodestra come Maurizio Dallocchio, docente alla Bocconi indagato per la truffa sugli immobili dell’Enpam. Di rinvio in rinvio, la famiglia Patti ha dovuto accettare l’amministrazione controllata dopo un estremo tentativo di salvataggio fatto il 29 settembre 2011 durante un vertice a palazzo Chigi tra Gianni Letta, Maria Concetta Patti, Varazzani, Miccichè, Arcuri e Arnaldo Borghesi, oggi numero uno di Mittel e al tempo consigliere di Valtur. Il giornodopo la proprietà ha chiesto l’amministrazione straordinaria. Anche sui commissari nominati dal ministro delle Attività produttive Paolo Romani (Pdl) non sono mancate le polemiche. Il terzetto è composto da Daniele Discepolo, considerato molto vicino a Intesa, Stefano Coen, uomo di Letta, e Andrea Gemma, nipote di un ex amministratore della Valtur. Fonti interne al gruppo Patti indicano che Gemma e Discepolo hanno presentato parcelle alla Valtur, il che li renderebbe ineleggibili come commissari. Il loro lavoro comporta un onorario consistente. Si parla di un paio di milioni complessivi ai quali andrà aggiunta la percentuale del 3 per cento in caso siano cedute le nove strutture superstiti del gruppo. Un lavoro pagato bene, ma Valtur ha sempre pagato fin troppo bene. E’ stato così quando, all’inizio dell’avventura dei Patti, per 15 miliardi di lire sono stati acquisiti i terreni di Gallipoli da Sandro Portaccio, grande amico di Massimo D’Alema che al tempo presiedeva il Consigliodei ministri. Ed è stato così quando i Patti hanno rastrellato proprietà in Sicilia, dalla valle del Belice al villaggio di Favignana, per ritrovarsi la distilleria Bertolino a rovinare l’effetto paradiso tanto ricercato dai turisti di élite. La guerra fra i Patti e i Bertolino è proseguita con altri mezzi, per dirla alla von Clausewitz. Tra i pentiti che accusano Carmelo Patti c’è Angelo Siino, detto Bronson, ex ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra e cognato della signora Bertolino per averne sposato la sorella. A saldo di questa avventura ci sono centinaia di posti di lavoro in meno. L’Italia un paese a vocazione turistica? Un pregiudizio da sfatare. Gianfrancesco Turano-l’espresso
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