Dall’ingovernabilità alla ‘volontà generale’
 











Parlamento

“Ce lo chiede l’Europa” ; “lo ha detto il Financial Times”; “The Economist ride di noi”; “le agenzie di rating ci abbassano la nota”; “i mercati temono l’esito delle elezioni”. Blaterano politici, giornalisti e intellettuali nei salotti televisivi o nelle testate di regime. Poco importa il valore di queste affermazioni dal momento che il popolo italiano, con tutti i limiti della democrazia rappresentativa, ha fatto la sua scelta. Una scelta che pone il Paese dinanzi a diverse complicazioni. Una su tutte: l’ingovernabilità del Paese. O meglio l’impossibilità delle forze politiche in campo di formare un governo che possa avere la maggioranza al Parlamento a causa di una legge elettorale, la legge “porcellum”, che ha trasformato la democrazia (“governo del popolo”) italiana in una partitocrazia (governo dei partiti). L’affondo elettorale del Movimento 5 Stelle e il risultato fallimentare di Pierluigi Bersani e di Mario Monti hanno partorito unasituazione paradossale, unica nella storia, senza reali vincitori capaci di formare una coalizione di maggioranza al Parlamento. Gli esterofili temono questa ingovernabilità dell’Italia, pertanto se con lucidità si viene fuori dagli allarmismi è possibile generare questa affermazione: l’ingovernabilità del Paese è la nostra salvezza.
Uscire dall’impasse giuridico-istituzionale
Per tornare operativo il Parlamento deve essere ufficialmente governato, di conseguenza è necessario uscire da questa impasse giuridico-istituzionale. Le pratiche burocratiche sono lunghe: il 15 di questo mese, si svolgeranno le sedute inaugurali di Camera e Senato, con la nomina della seconda (Palazzo Madama) e della terza (Montecitorio) carica dello Stato. Meno di una settimana dopo, Giorgio Napolitano dovrà tenere le consultazioni, dare l’incarico al nuovo presidente del Consiglio, concordare la lista dei ministri, ottenere il loro giuramento, e come previsto dall’articolo 94 della Costituzione, rinviareil nuovo governo alle Camere per la fiducia. Infine a metà aprile le due Camere riunite e i rappresentanti delle Regioni si riuniranno in seduta comune per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. A dettare l’agenda è Beppe Grillo che con il Movimento 5 Stelle vuole rompere con la Prima e la Seconda Repubblica, le Repubbliche degli apparati partitici, dei negoziati, delle larghe intese, delle coalizioni, dei tradimenti, dell’anti-politica, o meglio dell’a-politica. I vertici del Movimento hanno definito chiaramente il loroo pensiero sulla governabilità del Paese: Roberto Casaleggio ha affermato che non parteciperà ad un governo di coalizione con il Partito Democratico e inoltre che non permetterà la fiducia a Bersani o ad altri esponenti del centro-sinistra. Beppe Grillo, a metà tra la provocazione e la sfida aperta ha proposto una soluzione di governo, il suo governo: “se proprio Pd e Pd-L ci tengono alla governabilità, possono sempre votare, loro, la fiducia al primo Governotargato M5S”, ha detto. L’inciucio con il M5S è impossibile, gli schemi sono spaccati, di conseguenza o lo fanno gli altri, o non si esce da questa fase di stallo. Tuttavia la soluzione migliore sembra proprio quella di rendere operativo il Parlamento e procedere con le votazioni di una legge dopo l’altra. Ciò starebbe a significare: tornare finalmente a fare politica. Ma per farsi è necessario superare questa impasse giuridico-istituzionale a meno che Pd e Pdl non si prendano la responsabilità di formare un “governissimo” centrodestrasinistra. Difficile, dopo che entrambi hanno sostenuto per un anno e mezzo intero il governo tecnico montiano. Impossibile, perchè alle prossime elezioni la darebbero vinta una volta per tutte a Beppe Grillo.
Due ipotesi per uscire da una situazione paradossale
La prima è stata proposta da Claudio Messora, giornalista noto nel web, il quale auspica la formazione di “un Parlamento senza governo”. Vale a dire “mantenere l’attuale Governo Monti inprorogatio (ossia con limitatissimi poteri di ordinaria amministrazione, di disbrigo degli affari correnti), e concentrare tutta l’attività legislativa nel nuovo Parlamento, per almeno i prossimi 6-8 mesi e votare legge per legge”.
La seconda ipotesi è la costituzione di un blocco Pdl-Pd-M5S con spartizione equa delle cariche dello Stato (presidenza della Repubblica, di Camera e Senato oltre che dei ministeri) e l’obbligo di attuare in 10-12 mesi un’agenda politica comune in vista delle prossime elezioni legislative. Esattamente come se fosse un’Assemblea Costituente. E proprio in questo caso l’attuale ingovernabilità dell’Italia diventerebbe la sua salvezza perché a governare sarebbe l’idea di “volontà generale” ideata dal filosofo di Ginevra Jean Jacques Rousseau. Via le ideologie, via le leggi di catogoria, via le leggi ad personam, via l’interesse di partito, via i gruppi di pressione. Nel nuovo Parlamento Pd-pdl-M5S soltanto la volontà generale potrà guidare lo Stato erealizzare il bene comune esprimendosi in un corpo collettivo che non coincide con la somma delle singole volontà individuali e private: essa è una realtà nuova e autonoma. Una realtà, la volontà generale, retta e tesa unicamente verso la pubblica utilità, verso i cittadini, verso il bene comune. Allora subito Acqua, scuola e sanità pubbliche, riforma elettorale, legge sul conflitto d’interessi, riduzione dei rimborsi elettorali, riduzione (o cancellazione, ma con le opportune garanzie di salvaguardia del pluralismo, tutelando cioè l’accesso del pensiero plurale con opportuni provvedimenti antitrust nei settori distributivo e pubblicitario) del finanziamento pubblico all’editoria (soprattutto dei mille contributi indiretti alle grandi testate giornalistiche), annullamento delle commesse militari, in primis gli F35, riduzione degli stipendi ergo riduzione della forbice sociale, trasparenza amministrativa, legge anticorruzione, taglio drastico dei costi della politica (dagli stipendialle pensioni d’oro), riforma sugli sgravi fiscali per le piccole e medie e imprese ed infine reddito di cittadinanza. E poi magari, chissà, un referendum popolare sull’euro e sulla proprietà nazionale della moneta.lintellettualedissidente.it









   
 



 
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