Bersani-Renzi, una sfida che non s’ha da fare?
 











E’ ormai guerra aperta tra la nomenclatura post-comunista e il rampante Renzi. Da mesi la vecchia guardia che non molla è sotto pressione del rottamatore che vorrebbe mandarli in pensione. E la cosa riguarda anche il gruppo archeologico posto democristiano che si è accasato nel Pd. Quindi non solo D’Alema e Bersani ma anche Marini, la Bindi e tanti altri che in Parlamento ci hanno fatto le ragnatele. Non siamo ovviamente per il cambio generazionale tanto per sentirsi in linea con la febbre del giovanilismo. Non basta infatti essere giovani per portare novità, per raddrizzare la barca, per ridare lavoro e per restituire fiducia ai cittadini.
Quello che conta non è l’età ma le capacità, la creatività e l’intelligenza della persona, sempre in funzione del bene comune. Francamente questo non lo vediamo più da un bel po’ di anni. Non si può certo dire che i vari D’Alema, Bersani, Veltroni, Bindi, Franceschini, Prodi abbiano lasciato un segno del loropassaggio. Basti pensare al ’98 quando al governo c’erano tutti questi personaggi, con una sfornata di flessibilità, di precarizzazione e di riduzione della qualità di vita. Non è che con Berlusconi le cose siano cambiate in meglio ma neppure peggiorate. Il fallimento non è riconducibile alla loro età matura ma ad una incapacità a prendere le redini del Paese, decidendo e rischiando su politiche nazionali e non imposte dai padroni internazionali. Poi se la vogliamo dire tutta non è che vediamo tutta questa differenza di passo tra il rottamatore e la vecchia guardia. Non per niente stanno tutti, vecchi e giovani, dalla parte dei Professori e delle loro misure ammazza cittadini. Vendola poi dovrebbe spiegare come fa a conciliare la sua opposizione a Monti con il patto d’alleanza con Bersani, una delle tre gambe a sostegno del governo dei banchieri. Ma torniamo alla guerra tra le mura del Pd.  “Vedo un incomprensibile nervosismo in alcuni big del Pd contro di noi”, questa laconstatazione del sindaco di Firenze. Proprio per questo invita i suoi, attraverso la rete, a non raccogliere provocazioni. Adesso poi che è tornato dall’America con le stimmate del vero democratico, avendo preso parte alla convention di Obama, c’è da credere che la sua scalata al Pd sarà ancora più concreta. Ecco perché le primarie vengono sempre spostate nel tempo. Probabilmente si saranno anche pentiti di averle adottate, facendole passare come una medicina di tutti i mali italiani. “Un’esperienza molto bella -ha spiegato Renzi di ritorno dal paese stelle e strisce- e un’occasione per stringere o consolidare i rapporti con sindaci americani e politici di sinistra di tutto il mondo. E’ stata una faticaccia, ma va bene così”. Eppure tra i fondamentalisti democratici non è che Renzi venga poi tanto considerato di sinistra. Anzi lo collocano sulla sponda opposta. D’Alema poi non lo può proprio sopportare, come d’altronde tutti gli altri candidati alla pensione. Certo la frecciata diBaffino che lo considera inadatto a governare il Paese ha finito per infiammare lo scontro. Poi Fioroni ci ha messo il carico invitando il sindaco a dimettersi qualora si candidasse a premier. E la risposta non si è fatta attendere “non mi dimetto e mi candido”. La demonizzazione di Renzi segue la scia di quella del Cavaliere. Solo che allora è andata bene mentre adesso il nemico ce l’hanno in casa. Il Cavallo di Troia potrebbe davvero sorprendere la vecchia nomenclatura mettendola fuori gioco. E’ bene anche sottolineare che l’uscita di D’Alema: “Renzi non è adatto a governare”, potrebbe anche ritorcersi contro come un boomerang. Non per niente la popolarità del rottamatore è in crescita. Ovviamente i rottamati fanno quadrato. E per un dalemiano di ferro come Caldarola la sbandierata voglia di rottamarli ha finito proprio per rafforzare la vecchia guardia. L’idea che dopo due mandati si debba tornare ai giardinetti fa arrabbiare molto il gruppo dirigente che nel partito e in Parlamentoha messo le radici. 
A proposito della sfida delle primarie, Caldarola dice chiaro e tondo di non credere assolutamente ad una vittoria di Renzi, anche perché la sinistra piuttosto di votarlo si farebbe tagliare le vene. Comunque già il fatto che il dalemiano ammetta che il rottamatore raccoglierà molti consensi è sintomatico di una certa paura. “D’altronde -conclude Caldarola- la competizione si farà contro lo statuto, che prevede che il segretario del partito sia il candidato premier; il fatto di indire primarie che ne modificano i connotati, significa, di fatto, dargli un carattere congressuale”. Ma davvero ci sarà questa sfida generazionale?
Bersani continua a dire che ci sarà ma i dubbi prendono sempre più corpo.michele mendolicchio










   
 



 
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