E’ tornato. A pranzo da Mario Monti alla vigilia del cruciale vertice europeo, a tutti gli effetti la svolta per l’Europa e per l’Italia. ("Ho avuto il piacere di incontrare il presidente Berlusconi con l’onorevole Alfano", riferisce lo stesso premier pochi minuti dopo nell’aula di Montecitorio). E’ tornato. A fare il bello e il cattivo tempo nel Pdl, il partito da lui fondato e di cui è da tempo profondamente disamorato, con il segretario Angelino Alfano che chiede incredulo ai suoi amici: "Ma allora io qui che ci sto a fare?" E’ tornato. Sulla Rai, sulla giustizia, sulla riforma elettorale, sulla Germania, sull’euro, su tutti i dossier della politica italiana, come se il tempo non fosse passato. Silvio Berlusconi, 76 anni a settembre, si prepara alla sesta campagna elettorale dal 1994 a oggi. I ragazzi che lo hanno acclamato al raduno giovanile in un albergone di Fiuggi organizzato dalla deputata Annagrazia Calabria diciotto anni fa non eranoneppure nati. E lui era già lì, tra discese in campo, rivoluzioni liberali mai neppure avviate, il Paese da salvare dal buio del comunismo, guerra all’establishment, quello che a suo dire ha voluto la moneta unica europea troppo frettolosamente, società civile da mobilitare contro i professionisti della politica, i "parrucconi". La stessa ricetta con cui progetta il rientro. Un’impresa disperata, a guardare i sondaggi sfornati ogni settimana da Alessandra Ghisleri, con il Pdl che veleggia intorno a un misero 15-16 per cento, surclassato dal movimento di Beppe Grillo. Eppure Berlusconi ci crede. "Guardate", ha detto ai parlamentari riuiniti in assemblea, "nell’ultima settimana siamo cresciuti di due punti. Merito mio". E di chi, altrimenti? Il primo ad accorgersi che il Cavaliere intende tornare a dettare il gioco è stato il premier Monti. Anche perché il gioco si fa sulla pelle del suo governo. L’attacco all’euro, condotto da Berlusconi con l’innegabile fiuto per gli umoridell’opinione pubblica, preoccupa l’inquilino di Palazzo Chigi a tal punto che nell’ultimo vertice di Villa Madama con Angela Merkel, François Hollande e Mariano Rajoy è circolata una cartellina con un repertorio di dichiarazioni berlusconiane sulla "plausibilità" dell’uscita dell’Italia dall’euro. Quasi che Monti volesse avvertire i partner e la Merkel: attenti, se insistete con il rigore torna lui. Un rischio evocato dal premier anche nel suo ultimo intervento alla Camera: "La trappola della recessione rappresenta la ricetta migliore per trascinarci nel provincialismo e nell’isolazionismo". Monti sa bene che in realtà Berlusconi non ha nessuna intenzione di aprire la crisi di governo e di andare a votare in autunno. Ha necessità di tempo per riorganizzare il campo del centrodestra, il suo ventaglio di simboli da affiancare al Pdl in via di decomposizione e magari per portare a casa una legge elettorale proporzionale che favorisca le liste più piccole e che riduca i danni dellasconfitta annunciata. Il Cavaliere ne ha un disperato bisogno, soprattutto ora che la mossa di Pier Ferdinando Casini di lanciare l’alleanza con il Pd di Pier Luigi Bersani lo isola completamente: se si votasse con il Porcellum all’armata del Cav. resterebbero gli strapuntini. Ma al tempo stesso da ora in poi sarà Vietnam parlamentare su qualsiasi materia. Perché, come avverte Berlusconi sfoderando i sondaggi, "il 78 per cento del nostro elettorato è contro il governo Monti". E qualche segnale va dato. E così c’è un deputato del Pdl, il portaborse di Denis Verdini Luca D’Alessandro, che ha sfilato per votare la fiducia sulla riforma del mercato del lavoro con le dita a tappare le narici: a naso turato. Nella commissione parlamentare di vigilanza Rai i consiglieri del Pdl e della Lega non si sono fatti vedere: un ceffone alle nomine di Monti per viale Mazzini (Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi). In Senato la riforma costituzionale si impantana in una babele di sistemiistituzionali tra di loro contraddittori, con il mediatore del Pdl Gaetano Quagliariello, che telefona ai colleghi esasperato: "Non mi ascolta più nessuno". Ed è in arrivo l’ennesimo scontro sulla giustizia, con il pacchetto anti-corruzione e la responsabilità civile dei magistrati. Tommaso Cerno e Marco Damilano,l’espresso
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