Al Museo di Capodimonte la musica ai bambini
 







Rosario Ruggiero




Si provi a valutare il lavoro del cervello di un pianista mentre esegue al pianoforte musica che legge da uno spartito. Ordinariamente, in una tale situazione, il musicista guarda contemporaneamente due differenti pentagrammi, uno per la mano destra, l’altro per la mano sinistra, decodificando una serie di segni che rappresentano i suoni da produrre, la loro durata, ed i silenzi da rispettare. Alcuni segni, poi, sono messi all’inizio di ogni rigo musicale (le “alterazioni in chiave”) e sono da ricordare per tutta la durata della composizione, salvo eventuali cambiamenti opportunamente indicati, altri, che troverà nel corso della lettura, sono da ricordare solo temporaneamente. Vedrà pure indicazioni della velocità di scorrimento dell’esecuzione scritte in lingua secondo una condivisa nomenclatura (“adagio”, “allegro”, “presto”), indicazioni di intensità sonora richiesta segnate in codice (“f” per forte, “p” per piano, “ff” per fortissimo) nonché indicazioni per l’uso dei pedali, uso che, tra l’altro,  potrà anche essere arbitrario. Contemporaneamente le dita delle mani si muovono con indipendenza l’uno dall’altro, a raggiungere uno o più tasti simultaneamente, ed i piedi, a loro volta, andranno ad abbassare i pedali in piena autonomia. Nel frattempo, attraverso l’ascolto, quel pianista verifica l’esattezza di quanto sta facendo e calibra velocità e sonorità, momento per momento, esercitando giudizio critico, gusto e cultura. Non mancano, quindi, intime rievocazioni esperienziali, emotive ed analisi strutturale della composizione. Insomma si può sospettare che non ci sia area delle sue capacità cerebrali che non venga coinvolta, da quella linguistica a quella matematica, psicomotoria, simbolica, di astrazione, e più. Un autentico prodigio!
E, similmente, questo vale con l’esecuzione musicale su qualunque altro strumento.
D’altronde, già solo l’ascolto della musica, con l’esercizio spontaneo della scomposizione
dell’evento sonoro nei suoi parametri costituenti, fisici e culturali, non è impegno mentale troppo dissimile.
Da qui l’importanza, specialmente in età evolutiva, della musica per la formazione squisitamente intellettiva, ma certo anche culturale, emotiva ed estetica, quindi filosofica, di un individuo. La musica diventa un po’ come la ginnastica per un atleta, indipendentemente dalla specialità agonistica che egli pratica. Gli forma armoniosamente il fisico, che poi, con opportuna competenza, impiegherà nello sforzo fisico che sceglierà di compiere.
Non può non dispiacere, allora, vedere come, nel nostro paese, riconosciuta, esemplare culla di civiltà musicale per il mondo intero, l’educazione all’arte dei suoni, ma purtroppo anche all’arte in generale, venga istituzionalmente tanto sottovalutata e trascurata.
Per questo assume particolare significatività l’iniziativa adottata oramai da un anno a questa parte, da quell’incredibile ricettacolo di tesori artistici che è il
Museo e Real Bosco di Capodimonte.
L’ammirevole istituzione napoletana ha infatti aderito ad un progetto nazionale di educazione dei fanciulli alla fruizione dei tesori d’arte, dall’architettura di quella splendida reggia settecentesca che è, alle migliaia di quadri e sculture che può vantare, spesso a firma di artisti massimi della storia dell’arte prodotta dal XIII secolo ai giorni nostri, ma, non contenta di ciò, ha arricchito l’esperienza di fanciulli anche con la musica, grazie al sensibile contributo dell’associazione MusiCapodimonte.
Così i giovani visitatori hanno pure modo di ammirare un moderno pianoforte a coda, esaminarlo nelle sue parti, interne ed esterne, ascoltare musica eseguita espressamente per loro, opportunamente illustrata, e, addirittura, sapientemente guidati, provare l’esperienza di suonarlo e sortirne melodie.
Paola Aveta e Vincenzo Mirabito, operatori dei servizi didattici del prestigioso museo, così, unitamente, commentano: «I bambini dai sette
agli undici anni effettuano un percorso all’interno del museo. L’obiettivo è insegnare loro ad osservare i capolavori e a scoprire le bellezze dell’arte. Spesso ci sono anche bambini più piccoli che accompagnano i fratelli o le sorelle più grandi. Giunti nella sala precedente il Salone delle Feste sono incuriositi dal suono del pianoforte che da lì proviene, quindi il salone appare loro in tutto il suo splendore con i grandi lampadari accesi. A questo punto iniziano ad avvicinarsi ai piccoli sgabelli posti intorno allo strumento. Fino a quel momento  il senso privilegiato è stato la vista, adesso diventa l’udito, con l’ascolto delle note musicali. Nel museo vi sono anche percorsi tattili per persone ipovedenti, e anche nel loro percorso di visita è inserito questo momento musicale. I bambini in genere conoscono il pianoforte come strumento, ma pochi lo hanno visto così da vicino e quasi mai ne conoscono i segreti del funzionamento. Dopo il momento didattico illustrativo ognuno di loro ha la possibilità di suonarlo, istruiti ed accompagnati dal maestro che glielo ha fatto conoscere. I genitori più entusiasti iniziano a fare registrazioni, ma ciò che forse colpisce maggiormente è che anche i visitatori che si trovano in quel momento a passare nel Salone delle Feste sono affascinati dalla scena. La presenza della musica non solo contribuisce a rendere unica l’esperienza della visita, ma, unita alla didattica, esalta il valore civile e sociale del museo. Tra i bambini qualcuno è più timido, riservato, esitante, qualcun altro è un po’ più intraprendente ed allora inizia a suonare quanti più tasti può contemporaneamente. Per molti è il primo momento in cui si avvicinano ad uno strumento musicale. Gli adulti che osservano non possono non immaginarli possibili futuri musicisti».
In conclusione, una mattinata per tanti giovanissimi visitatori che, aggiungendo anche il magnifico parco che circonda il museo, diventa, felicemente, un’autentica, memorabile immersione in
quanto di meglio ha saputo fare e scegliere l’uomo affrancandosi dalla sua più bieca ferinità.