Expo 2015, cosa rimane dopo l’evento?
 











Dopo l’ubriacatura di migliaia di visitatori e centinaia di eventi per Milano 2015, si è chiusa sabato la stagione dell’esposizione universale. Ora si ragiona sul futuro dell’area da un milione di metri quadrati a Nord della metropoli e sui vantaggi portati dal maxi-evento che ha attirato venti milioni di visitatori.
Più della metà dei terreni del sito sarà destinato ad un parco tematico mentre le sette torri del Villaggio Expo a Cascina Merlata diventeranno il più grande quartiere italiano di housing sociale.
Palazzo Italia, uno dei simboli, non sarà abbattuto e verrà lasciato in eredità per il dopo: campus universitario o un polo scientifico e tecnologico ancora non è chiaro in seguito alla prima gara andata a vuoto.
La sfida da vincere nei prossimi mesi sarà quella di non avere una cattedrale nel deserto alle porte della città. Nel frattempo il primo lavoro messo in calendario per tutti, padiglioni e cluster, è inscatolare. Ci vorranno
sei mesi per rimuovere ogni costruzione e consegnare il terreno libero da ogni ostacolo.
IL REBUS BONIFICHE
Ora sarà il momento-verità per la bonifica degli ettari di terra occupati e la tensione sale tra la società organizzatrice e quella proprietaria dei terreni (Arexpo, partecipata da Regione Lombardia, Comune di Milano e Fiera aveva acquistato dalla Fiera stessa e da una società del gruppo Cabassi) su cui il grande evento è stato messo in piedi.
In ballo ci sono i costi extra venuti a galla sulle bonifiche preliminari dell’area, con un conto finale da 72 milioni contro un preventivo di sei: e la discussione su chi pagherà e di chi è la colpa è appena iniziata. Prima di aprire i cancelli ha prevalso la strategia di fare in fretta e rimandare al post-evento. Ma ora i nodi sono venuti al pettine.
Anche il governatore lombardo Roberto Maroni sa che esiste il problema: «Per le bonifiche servono 70-75 milioni di euro e vanno trovati».
Alle molte incognite
sul futuro dell’area si aggiunge anche questa: la società Expo ha rendicontato alla società Arexpo i costi delle bonifiche e del trasporto e conferimento in discarica di quanto trovato sotto terra.
Arexpo ha già scritto a Expo dicendo che vuole chiarimenti sulle cifre: il gruppo Cabassi sostiene di essere addirittura creditore di 250 mila euro da Arexpo, mentre la Fiera è pronta a dare battaglia. Il problema sarà capire chi pagherà, senza ulteriori aggravi per i soci pubblici.
LE AUTOSTRADE COME EREDITA’
Nel futuro della Lombardia c’è poi un lascito di tre lingue d’asfalto: la Brebemi tra il capoluogo e Brescia, la Pedemontana per collegare Varese con Bergamo senza passare dalla pianura e la tangenziale Est Esterna di Milano. Più di cinque miliardi e mezzo di euro investiti con risultati altalenanti.
La direttissima tra Brescia e Milano inaugurata in pompa magna nel luglio 2014 ha già richiesto un intervento di 360 milioni di euro dal governo Renzi e dal
Pirellone del governatore Maroni. Costruita con il sogno di un’opera infrastrutturale finanziata al cento per cento dai privati, nonostante gli aiuti pubblici, è inchiodata a 35 mila vetture al giorno mentre la concorrente ne attira più di 120 mila.
Sulla Pedemontana, finito il periodo Expo con pedaggi gratuiti, si torna alla normalità con costi, per gli automobilisti, fuori controllo. I pedaggi più alti in Italia (3,85 euro per 15 chilometri) scatenano le proteste dei sindaci locali e rischiano di trasformare l’infrastruttura in un flop, riversando il traffico sulle strade provinciali e statali.
Va anche peggio per il sistema di tangenziali delle due cittadine finora collegate, opere comprese nel sistema della Pedemontana. Percorrere la A59 tra Villa Guardia e Acquanegra (alle porte di Como) costa 62 centesimi. Altri 1,01 euro per i 4 chilometri della tangenziale di Varese. Totale da Como a Varese 4,71 euro. Per camion e autobus la Pedemontana un conto al casello da 10 euro.
Troppo per appena trentacinque chilometri.
Infine la Tangenziale Est Esterna, Teem, la nuova superstrada che va da Agrate Brianza a Melegnano è costata 2,2 miliardi (compresi i 220 milioni per gli espropri e i nove progetti compensativi di alberi e piste ciclabili a parziale risarcimento del territorio sfregiato dall’asfalto) con un contributo statale da 330 milioni.
E anche qui i benefici si fanno ancora attendere. Aperta la scorsa estate è al momento vuota: si registra una media di 16.667 transiti al giorno. In tanti non vogliono sborsare un pedaggio da 5,60 euro contro i tre della tangenziale est.
Le infrastrutture veramente utili sono invece la linea 5 della metropolitana (conclusa) mentre da sei mesi hanno aperto i cantieri per la Metro 4.
CHIUDE IL MONASTERO
Nella pioggia di fondi messi a disposizione dal Pirellone per abbellire la Lombardia e renderla un polo turistico di fama mondiale ci sono anche 21 milioni di euro per favorire la coesione, la
promozione dei territori e delle eccellenze produttive e culturali.
Ogni città si è mossa in proprio e Bergamo ha puntato tutte le sue fiches (e risorse) sul monastero dell’anno mille di Astino, nel cuore del parco regionale dei colli, a ridosso della città orobica. Il Pirellone ha staccato un assegno da 150mila euro. Per arrivare a 690mila altrettanti sono arrivati dallo Stato, e poi dal Comune di Bergamo (190.000) e dalla Fondazione Triennale di Milano e altri sponsor.
Il progetto prevede la realizzazione e la gestione dell’Orto Botanico, «con un sistema di interpretazione museale, che consente la visita ai 9.000 metri quadrati di settore espositivo, ai quasi 3 chilometri di percorsi che si snodano tra campi e boschi, e la visita con operatore degli oltre 11.000 metri quadrati di corridoi ecologici della matrice agricola/forestale di Astino». In aggiunta a percorsi ciclopedonali e a una mostra dedicata all’enologo Luigi Veronelli.
Bene, benissimo ma ora il monastero tanto
caro ai bergamaschi chiude: è finita con la festa di halloween, la folleggiante stagione di Astino per l’Expo.
Per tutta l’estate dello spirito del monastero con la sua vocazione culturale-spirituale non c’è stato granché: feste, banchetti, hamburger, sedie di plastica, ombrelloni e parcheggi ovunque. Il rischio comune per tutti questi luoghi storici si è materializzato con la “riminizzazione”.
L’unica idea che resta in piedi, al momento, è quella della scuola di alta formazione turistica, sale riunioni, ristorante, hotel più altre attrattive da studiare. Per ora c’è un unica certezza: da settimana prossima le visite saranno disponibili solo nel week-end. Michele Sasso,l’espresso
La televendita Expo 2015 chiude in profondo rosso: ecco i conti
E’ finita, finalmente la smetteranno di triturarci i cabbasisi h24 con Expo 2015. Con il televenditore nr. 1 impegnato in prima persona, vero patrigno politico dell’evento.
E dietro i proclami trionfali della
cerimonia di chiusura, con retorica e demagogia a volumi inauditi, l’Expo si è rivelato quello che temevano tutti i cittadini di buon senso: un fiasco colossale pagato dai contribuenti italiani.
Cittadini che ricorderanno per molto tempo questa Expo 2015. Memorabile per molti versi, ad esempio:
Terreni agricoli pagati 7 volte il loro valore di mercato;
Subappalti mafiosi – presunti per ora – e commissariamenti di imprese;
Arresti a non finire, da Gianstefano Frigerio e Primo Greganti ai vertici di Infrastrutture Lombarde;
Interessi di cosche calabresi;
Ritardi causati dall’infingardia dei politici recuperati ricoprendo di denaro pubblico le imprese, per pagare turni notturni e straordinari;
Biglietti Expo abbinati alla tessera del PD (“due pacchi al prezzo di uno”)
Affidamento dell’intera ristorazione a Eataly: ottomila metri quadrati, 20 ristoranti e circa 2,2 milioni di pasti da distribuire, senza gara e a condizioni da amico (ben il 95%
dei ricavi restano a Farinetti);
Consulenti di comunicazione che fatturano poche centinaia di migliaia di euro che si aggiudicano appalti per decine di milioni
Donazioni perlomeno singolari da parte di Expo, come gli 80 mila euro concessi all’associazione ecclesiale“Rinnovamento nello Spirito Santo” per la manifestazione “10 piazze per 10 comandamenti“, dall’evidente legame con il tema di Expo 2015 “Nutrire il pianeta”.
Almeno 1.000 ettari di terreni agricoli cementificati per sempre
Una vera cattedrale nel deserto di cui nessuno sa ora cosa fare
La scarsa trasparenza dell’organizzazione Expo: il bilancio consuntivo 2014 non è consultabile online (“file corrotto”, ovviamente) e quello previsionale 2015 è riservato, anche se si parla di soldi nostri
E infine la cosa più insopportabile: la retorica renziana sparsa a quintalate, il martellamento di TV e giornali, i dati falsi spacciati per grandi successi in stile staliniano

Ma ancora non bastava ai nostri
politici. Ed eccovi la beffa finale: il commissario Sala insieme ai colonnelli del PD celebra il successo dei 21.5 milioni di biglietti (quanti omaggio, non sappiamo). Sala: “21,5 milioni visitatori totali, abbiamo conquistato il mondo”. Peccato che lo stesso Sala 6 mesi fa dichiarasse:
“Per pareggio di bilancio bisogna vendere 24 milioni di biglietti”.
“Le spese di gestione di una macchina come Expo ammontano a 800 milioni di euro. Dagli sponsor abbiamo ottenuto 300 milioni: per raggiungere il pareggio di bilancio è necessario vendere 24 milioni di biglietti”.
Vi diamo noi i numeri preliminari (fonte Expo).
Biglietti venduti: 21.5 milioni
Ricavo medio per biglietto: 19 euro
Ricavo totale biglietti: ca. 410 milioni
Come vedete molto probabilmente siamo ben lontani dai 500 milioni auspicati da Sala.
 E attenzione!!! Per costi qui Sala intende solo quelli della macchina organizzativa, ovvero della società Expo 2015. I costi reali
dell’Expo sopportati dal contribuente italiano, terreni acquisiti da Arexpo, infrastrutture logistiche e padiglioni, sono stimati dall’economista Perotti, oggi commissario alla spending review, a 14 miliardi di euro.
Non fatevi infinocchiare dalla narrativa televisiva sul grande successo di visitatori. Con un calcolo per assurdo – ma indicativo delle assurdità che ci propinano i teleimbonitori – per coprire i 14 miliardi Expo avrebbe dovuto vendere 360 milioni di biglietti a 39 euro. Una cifra surreale che rende bene l’inganno di chi parla di successo di Expo in base a 19 o 20 milioni di ingressi. Ingressi che sono stati in ogni caso molto inferiori a quasi tutte le Expo precedenti (es. Siviglia 1992: 41 milioni).
Concludiamo col prof. Perotti, che nel suo e-book “PERCHÉ L’EXPO È UN GRANDE ERRORE” scrive:
“Ma né la corruzione né i ritardi sono il problema principale di Expo 2015. Il problema principale è che l’Expo non sarebbe dovuto accadere. Esso è nato e cresciuto per una
amnesia collettiva della razionalità umana, sospinto da un’orgia di retorica“.
Ecco spiegato perché Matteo Renzi si è appropriato con tanto entusiasmo di Expo 2015. Sonno della ragione, orgia di retorica.Fonte: scenarieconomici.it