Un`Italia senza rappresentanza
 











L’avvento della cosiddetta Seconda Repubblica in Italia ha innescato una “laicizzazione” della vita politica che, purtroppo, ha comportato degli effetti devastanti. La caduta del Muro di Berlino, la fine del Comunismo e la fine della contrapposizione ideologica tra Est ed Ovest hanno gettato le premesse per la fine degli equilibri basati su una gestione del potere che vedeva al governo DC e PSI con il PCI condannato ad una finta opposizione ma che nei fatti partecipava alla spartizione della cassa pubblica in nome del consociativismo. Mani Pulite svolse in tal senso il ruolo di dissolvere i due principali partiti di governo e i loro alleati e di cercare portare nelle stanze del Palazzo un PCI che da tempo si era trasformato in partito socialdemocratico con lo svolta della Bolognina. Era la realizzazione del disegno del bipartitismo perfetto (applicato in Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania) in virtù del quale due partiti si alternano al potere senza mettere minimamente in discussione il sistema di potere economico. Un partito moderato ed uno progressista, siano essi liberale, conservatore o democristiano da una parte, o laburista o socialdemocratico dall’altra. Forze che negli Usa prendono il nome di repubblicani e democratici che di fatto sono ancora più intercambiabili perché oltre Atlantico le distinzioni “ideologiche” sono inesistenti e le differenze attengono ad una maggiore o minore predisposizione alla tutela dei cosiddetti “diritti civili”. Quando parliamo di “sistema di potere economico” ci riferiamo ovviamente al potere più solido ed invasivo che esista, quello della finanza internazionale dalla quale dipendono quelle nazionali. In Italia la DC, che era il perno della Prima Repubblica, aveva creato un vastissimo sistema di imprese e di banche pubbliche attraverso il cui controllo non solo foraggiava se stessa, e i propri alleati, ma era in grado di contrastare i potentati internazionali. Ed era soprattutto in grado di impostare una politica economica che consentisse sul piano interno di ricostruire il Paese, di attuare un vasto programma di riforme “sociali”, di perseguire l’interesse nazionale e di mantenere ampi spazi di sovranità in politica internazionale. Vedi il settore energetico dove l’Eni funzionava da secondo e più importante ministero degli Esteri. Non è un caso quindi che il PCI-PDS-DS, una volta arrivato al potere, prima al traino dell’ex DC Prodi e poi con lo stesso D’Alema, abbia cercato di dimostrare la propria buona volontà liberale e liberista avviando il processo di privatizzazione delle aziende e delle banche pubbliche. Una svolta che, a sua volta, ha gettato le premesse per la deindustrializzazione dell’Italia (vedi la siderurgia) e per il passaggio del controllo di settori strategici (tipo le telecomunicazioni) sotto controllo straniero. L’alleanza tra democristiani di sinistra e post-comunisti si è infine compiutamente realizzata con la nascita del Partito Democratico che già nel nome si richiama con poca fantasia ad una realtà amerikana. Un partito nel quale, anche per motivi anagrafici, si è realizzata la lenta marginalizzazione, per l’estinzione ci vorrà tempo ma è inevitabile, della sua componente originariamente maggioritaria, quella comunista. Hanno preso così piede forze nuove che non potevano che essere vecchi quadri dell’ex PCI, che mai sono stati comunisti, e neo-democristiani, vedi appunto Renzi, per i quali la scelta liberal-liberista ed “atlantica” era scritta nel proprio Dna. Una impostazione apparentemente più pragmatica e meno ideologica ma che resta totalitaria nei metodi utilizzati e nella mentalità che la muove, unendo le due chiese che nel PD si sono riunite. Renzi in tale ottica rappresenta il liquidatore di quanto restava di sinistra nel PD ed è significativo che i quadri del partito siano passati in massa con lui, abbandonando Bersani che si è messo l’anima in pace. Perseguendo una gestione liberista dell’economia, Renzi ha gettato le premesse per lo smantellamento dello Stato sociale e del sistema pensionistico pubblico e per il mutamento radicale del mondo del lavoro all’insegna della flessibilità e del precariato. Mani libere alle imprese come negli Usa e nella stessa Germania che deve ad una politica di salari bassi se è riuscita a mantenere negli ultimi anni una crescita economica, in controtendenza con il resto dell’Europa. Tutta questa premessa per dire che Renzi sta cercando in primo luogo di portare con sé buona parte di quelle fasce sociali, piccole imprese e partite Iva, che avevano costituito lo zoccolo duro del berlusconismo. Un processo non ancora concluso perché l’eccessiva pressione fiscale le ha letteralmente massacrate. Ma è in quella direzione che l’ex sindaco di Firenze si sta muovendo. Una scelta in parte premiata dagli elettori verso i quali si è indirizzata e che si avvale dalla fine politica di Berlusconi, sia per il nulla fatto in questi ultimi 20 anni, sia per l’età dell’ex Cavaliere che a settembre avrà 79 anni e che appare sempre più come un cadavere in cattiva salute. Eppure, e non è una novità, l’area politica e sociale alla quale si riferiva Forza Italia, è nettamente maggioritaria nel nostro Paese. Maggioritaria ma senza rappresentanza politica. E’ tutto un mondo di imprenditori e di professionisti, di lavoratori dipendenti (e di pensionati) che non ne possono più di uno Stato che si dimostra sempre più invadente attraverso leggi e regolamenti idioti ed incomprensibili. Uno Stato oppressivo tramite un sistema fiscale iniquo ed usuraio che impedisce di vivere e che ti consente soltanto di sopravvivere, se ci riesci. Una corte a questa Italia profonda che Renzi sta facendo con le parole ma non con i fatti, visto che il suo primo interesse appare quello di essere funzionale ai desiderata della City e di Wall Street. Il 40% preso alle europee è stata una sorta di incoraggiamento a passare dalle parole ai fatti ma che non ha avuto seguito. Ci sono quindi enormi spazi di manovra che possono e devono essere occupati da una forza popolare e diffusa sul territorio. E’ necessario farlo per il nostro Paese e per impedire che, grazie alla nuova legge elettorale maggioritaria, Renzi ci resti sul groppone per altri 20 anni. Giuliano Augusto,rinascita