Cardarelli, muore in barella dopo un’operazione. Il ministro: "Troppi ricoveri inutili. Pronto soccorso vuoto quando gioca il Napoli"
 











Morto. Su una barella, a 68 anni, in condizioni apparentemente sicure. Senza sapere perché. Avviene al Cardarelli, solo tre giorni fa. Un’altra fine assurda: quella di un anziano, reduce da un intervento chirurgico brillantemente riuscito in quello stesso ospedale, che per alcune complicazioni viene trasferito nel padiglione delle emergenze e finisce su una lettiga in corridoio: in piena notte. E lì, nella fascia oraria più cupa e a rischio - in cui c’è un solo medico di guardia per un "carico" di 60 o 70 pazienti - quell’uomo peggiora e agonizza, fino a quando il suo cuore smette di battere.
Storie che non possono, che non dovrebbero ripetersi.
Ma se le condizioni degli ospedali di frontiera sono quelle da paese incivile che Repubblica è tornataa documentare da giorni, anche l’inaccettabile diventa probabile. Ancorché sia il ministro della Salute Beatrice Lorenzin in persona, ieri sera in tv, per una strana casualità, a parlare di Napoli e di
quell’azienda ospedaliera (con il suo immane carico di lavoro e anche con i suoi indiscutibili versanti di eccellenza) solo per offrire un’infelice boutade. "Gli italiani abusano del pronto soccorso", comincia il ministro. Poi offre a "Piazzapulita" l’esempio della capitale del sud (che in fondo fa sempre sorridere). "Ricordo ad esempio quando andai a sorpresa al Caldarelli di Napoli. Mi dissero: "Ministro, oggi il pronto soccorso è vuoto: sta giocando il Napoli!"", afferma la Lorenzin. Non è comunque mai venuta a sorpresa nelle settimane del picco influenzale. Così al Cardarelli c’è un altro morto (vicenda di cui la Lorenzin è comprensibilmente ignara, ma ne sarà informata stamane).
Lui si chiamava Francesco D. M., 68 anni, con moglie e figli, cittadino del Vomero. La morte, inspiegabile, è avvenuta nella notte tra giovedì e venerdì scorso. La sua famiglia, rinchiusa e ancora stordita dagli eventi, non ha ancora presentato denuncia: ma sono stati gli stessi medici dell’a- zienda
ospedaliera, quella notte, a segnalare all’autorità giudiziaria il caso e a chiedere responsabilmente l’autopsia.
Francesco arriva al Cardarelli, otto giorni fa, con una dolorosa ma banale frattura del femore. "Ero sceso per far passeggiare il cane, un maledetto marciapiede ", racconta lui, affiancato dalla moglie che non lo lascerà un attimo. Dopo appena due giorni, Francesco viene operato ovviamente nel reparto di Ortopedia: anestesia spinale, tutto fila liscio. Il paziente la sera si alimen- ta e sta benissimo. Parla con tutti i familiari, addirittura riesce a giocare a carte con sua moglie, per pochi minuti, sul letto della degenza. Francesco è contento, dicono, perché ha avuto un intervento importante "e tutto è riuscito benissimo". Ma, alle 3 di notte comincia a star male: sudore freddo, malessere diffuso, dolore al torace. È diabetico e gli riscontrano la glicemia alta. Arriva un infermiere e somministra l’ossigeno. Ma Francesco continua a star male. Si decide così il
trasferimento in Medicina d’urgenza: è proprio l’imbuto nero raccontato solo pochi giorni fa su queste pagine, anche con video e foto, è il reparto con l’interminabile coda di barelle dall’atrio degli ascensori fino alla fine del corridoio. Francesco resta lì, anche lui in lettiga su un corridoio: sono le 4 di notte ormai, viene ricevuto dal medico (che è da solo e deve vedersela con la solita folla di ammalati). Viene attaccato a una flebo, l’anziano ormai è debolissimo. Alle 7 la tragica scoperta: è morto.
Racconta uno dei conoscenti di Francesco. "Moglie e figlio sono completamente sotto choc. Ricordano solo una grande confusione, e il fatto che nessuno sapesse dire cosa stava succedendo ". La salma è ora a disposizione della Medicina Legale del Nuovo Policlinico, e i congiunti attendono la comunicazione per poter nominare un loro perito di parte. Così, c’è un’altra autopsia segnata nell’agenda, ci sarà un’altra inchiesta da aprire, un altro nome che finirà all’attenzione della
sezione colpe professionali della Procura di Napoli. Una fine su cui fare chiarezza, racchiusa in due righe di burocratica comunicazione.
Ma è solo l’ennesima storia di chi finisce nel gorgo di una Sanità allo stremo, e insieme spietata: sia con i pazienti, che non hanno neanche un angolo in cui accasciarsi per lo choc, se tuo padre o tuo marito spira su una barella in corridoio; sia con medici e infermieri dei reparti più piegati dall’emergenza, esposti loro malgrado a gravi responsabilità, e soprattutto all’intima sensazione di un fallimento. Che non dovrebbe essere figlio del ventunesimo secolo.
Il paziente fu trasferito in Medicina d’urgenza È il reparto che ha una lunga coda di lettighe.Conchita Sannino,repubblica