Manicomi lager, si avvicina la chiusura. Ma il futuro è ancora nebuloso
 











Manca poco più di un un mese e poi, il primo aprile, i sei ospedali psichiatrici giudiziari attivi in Italia chiuderanno per sempre, ultimo capitolo della lunga transizione iniziata nel 1978 con la legge Basaglia.
Una passo atteso da tempo e che anzi, avrebbe già dovuto compiersi lo scorso marzo, salvo poi essere prorogato di un altro anno. Nonostante questo, però, sulla sorte dei malati-detenuti, c’è nebbia fitta e l’unica apparente certezza è che per loro cambierà poco o nulla.
Lo scorso 30 novembre, negli OPG italiani, risultavano detenute poco meno di 800 persone, più di 400 delle quali perfettamente dimissibili che, in base a quanto previsto dalla legge 81 del 2014, dovrebbero essere affidati ai dipartimenti di salute mentale delle Regioni di residenza.
Diverso invece il discorso per i non dimissibili, ossia per chi è considerato pericoloso per sé o per gli altri: a loro toccherà il ricovero nelle nuove REMS, residenze per l’esecuzione
della misura di sicurezza, strutture sanitarie che, in teoria, le regioni si sarebbero dovute preoccupare di preparare a partire dal 2008, o costruendole ex novo o riattando strutture esistenti. Solo che non lo hanno fatto.
“Nella migliore delle ipotesi le regioni sono in ritardo, nella peggiore non si vedrà nulla per anni - dice Michele Miravalle di Associazione Antigone, gruppo tra i più attivi nel monitorare la condizione di chi vive in carcere-e il risultato è che oggi, a 40 giorni dall’ora X, di Rems, in Italia, non si vede l’ombra.”.
Al ministero, in base a quanto si legge nella relazione trimestrale dello scorso settembre, disponibile sul sito del Ministero della Giustizia, sono arrivati piani, progetti, proposte (per una spesa complessiva di circa 88 milioni di euro) ma i tempi saranno lunghi, tanto che nella relazione stessa si legge testualmente: “Nonostante il differimento al 31 marzo 2015 del termine per la chiusura degli OPG, sulla base dei dati in possesso del
Ministero della salute appare non realistico che le Regioni riescano a realizzare e riconvertire le strutture entro la predetta data”.
Quindi se il 31 marzo chiudono gli OPG e il primo aprile non aprono le Rems cosa succederà ai detenuti?
“Niente, o quasi: che le Rems dovessero sostituire gli OPG si sa dal 2008 e le regioni hanno avuto tutto il tempo e le proroghe per mettersi in regola - continua  Miravalle - e comunque o non lo hanno fatto del tutto oppure comunque non sono riuscite a rispettare i tempi. E questo comporterà, di fatto, la non chiusura  degli OPG  che, in buona sostanza rimarranno operativi, sia per i dimissibili che per i non dimissibili, cambiando nome e poco altro, diventando strutture sanitarie e non più detentive, sulla scia di quanto in parte si verifica già da tempo a Castiglione delle Stiviere, in Lombardia e mettendoci una pezza, anche se le Rems sono e dovevano essere un‘altra cosa”.
Le Rems, almeno nelle intenzioni, dovrebbero essere
strutture molto più piccole, espressamente terapeutiche, e presenti in ogni regione, cosa che evidentemente non sarà se ci si limiterà a un riciclo dei sei OPG esistenti.
E qui arriva il secondo snodo della faccenda, ossia l’intenzione da parte del Ministero della Giustizia di commissariare  le regioni inadempienti, “Da parte del Governo - dicono da Via Arenula - c’è la ferma intenzione di dare attuazione concreta e definitiva al superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari entro l’annunciato termine del primo aprile 2015, senza ulteriori proroghe. Per questo sarà avviata la procedura di commissariamento per quelle Regioni che non sapranno garantire il completamento delle iniziative necessarie per la presa in carico dei soggetti dichiarati dimissibili e di quelli non dimissibili”.
In buona sostanza tutte, o quasi, rischiano il commissariamento ad acta.
“I ritardi- continua, Cesare Bondioli, responsabile OPG per il gruppo Psichiatria Democratica-sono da attribuire a
vari fattori, primo tra tutti il fatto che molte regioni hanno presentato dei progetti faraonici che poi, giocoforza, hanno dovuto ridimensionare in corsa. Ad oggi solo quattro Regioni hanno dichiarato di essere in grado di rispettare la scadenza senza ricorrere al privato: Emilia Romagna, Campania, Calabria e Friuli Venezia Giulia, quest’ultima ricorrendo a strutture a gestione mista. Allo stesso modo, però, dieci regioni Veneto, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo Molise, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna e la Provincia Autonoma di Trento non sono state in grado di indicare un termine certo per la presa in carico dei propri internati. Una situazione che, anche sulla scia di quanto successo con la chiusura dei manicomi, l’ultimo dei quali ha chiuso i battenti con 20 anni di ritardo sulla Legge Basaglia, non lascia presagire niente di buono”.Luciana Grosso,l’espresso