Jobs Act, la minoranza Pd: "Renzi prende in giro i precari". Alfano: "Cdm di ieri il trionfo di Ncd"
 











Il giorno dopo il varo dei decreti sul Jobs Act e sulle liberalizzazioni si porta dietro polemiche che arrivano soprattutto dalla sinistra Pd. Neanche tanto paradossalmente, la lettura della minoranza Pd e quella di Ncd coincidono nel ritenere più di centrodestra che di centrosinistra l’impronta di fondo dei provvedimenti approvati ieri dal Consiglio dei ministri. Per Stefano Fassina, le scelte fatte dal governo sono da un lato "una grave frattura e una ferita nei confronti del Parlamento" perché "è stato ignorato il parere unanime delle commissioni su un provvedimento come quello del lavoro"; dall’altro sono "uno schiaffo al gruppo parlamentare del Pd". "Si è tornati agli anni Cinquanta - ha detto Fassina parlando a margine dell’assemblea nazionale di Sinistra dem - . La propaganda di Renzi prende in giro i precari e procura un danno ai lavoratori".
Sulla stessa linea Pippo Civati: "Il decreto sulle liberalizzazioni è un ’minibersani’ (più che
una lenzuolata, un tovagliolo), mentre il Jobs Act era il provvedimento che aspettava da anni la destra. Che infatti festeggia. Meno di Bersani (sulle liberalizzazioni), più di Berlusconi (sul lavoro)". Del Jobs Act ha parlato in termini negativi anche Gianni Cuperlo, guardando però soprattutto alle questioni interne al Pd: "Non credo che quella di ieri sia stata giornata storica. I decreti attuativi sul Jobs Act - ha detto Cuperlo - vedono da parte nostra un giudizio critico, anche perché il governo non ha ritenuto nemmeno di recepire quelle che erano le raccomandazioni contenute nei pareri delle commissioni parlamentari; pareri che, mi fa piacere dirlo, sono stati espressi all’unanimità da tutto il gruppo del Pd, quindi maggioranza e minoranza".
Sulle decisioni delle commissioni parlamentari ignorate è intervenuta anche la presidente della Camera, Laura Boldrini: "Ci sono stati anche anche dei pareri non favorevoli da parte delle commissioni di Camera e Senato e forse sarebbe
stato opportuno tenerli nel dovuto conto". Parlando poi ad Ancona a un’iniziativa di Agrinsieme, il soggetto che aggrega le principali associazioni e cooperative di settore, Boldrini ha poi rimarcato la necessità di "fare sistema" perché "da soli non ce la facciamo": "Mi piace aderire a un’idea di un’associazione perché credo nei ruoli intermedi - ha detto - . Credo che i sindacati, le associazioni abbiano un ruolo centrale per il nostro paese perché quel ruolo è nella nostra Costituzione e noi dobbiamo rispettarlo se vogliamo rispettare la Costituzione. Dunque - ha aggiunto - l’idea di avere un uomo solo al potere contro tutti e in barba a tutto a me non piace, perché non rispetta l’idea di democrazia".
La replica del Pd a Boldrini è arrivata in serata da Debora Serracchiani: "Spiace che la Presidente della Camera che ricopre un ruolo terzo, di garanzia, si pronunci in questo modo sulle riforme portate avanti dal governo, sapendo bene che il parere delle Commissioni non é
vincolante - ha detto la vicesegretaria del Pd - . Quanto all’uomo solo al comando, ricordo sommessamente che il Pd é una squadra di donne e di uomini, che portano avanti un lavoro di gruppo, uno sforzo comune, un’idea di futuro insieme".
Dall’opposizione di sinistra, duro il commento di Nichi Vendola, che parla di "controriforma": "I decreti attuativi confermano, nonostante la volontà contraria del Parlamento, i licenziamenti collettivi. Non si chiarisce quali siano le risorse utili ad alimentare gli ammortizzatori sociali, si conferma la sparizione dell’art.18, sparisce il diritto al lavoro e avanza il diritto al licenziamento, restano 45 contratti atipici su 47" ha detto il leader di Sel ai microfoni del Gr1. "Sacconi - ha aggiunto - mi pare sia il vero vincitore di questa partita".
E infatti chi esulta e rivendica è soprattutto il partito Ncd: "Il Cdm di ieri è il trionfo del nostro stare al governo - arriva a dire Angelino Alfano - . Il cdm di ieri sta a significare che è
superato l’articolo 18. Chi aveva mai cancellato lo statuto dei lavoratori e l’articolo 18?". Alfano parla a una manifestazione di partito a Sestriere e va oltre: "Noi siamo pronti a rinnovare il nostro patto in questo governo per andare avanti fino al 2018 - dice - . Noi al presidente del Consiglio diciamo con franchezza che ci stiamo per i prossimi tre anni per fare le riforme, per andare avanti, per prendere decisioni come quelle del Consiglio dei ministri di ieri, che è stato il nostro trionfo. Noi dobbiamo andare avanti avendo le idee chiare". E Alfano mette già temi scottanti sul tavolo: "Nel rinnovato patto di governo con il presidente del consiglio - afferma - ora chiediamo un ’family act’, una legge a tutela delle famiglie. Come il jobs act è un traguardo storico, così riteniamo che la tutela delle famiglie, che per noi sono quelle composte da un uomo e da una donna, vadano tutelate. Questi sono fatti - conclude Alfano - : mentre a destra si fanno liti e proclami, noi portiamo a casa risultati compatibili con la nostra cultura ed i nostri valori".
Critiche arrivano anche dal Movimento 5 stelle: "È drammatico che un presidente del Consiglio si vanti di aver rottamato l’articolo 18 in un Paese in cui sempre più persone non hanno più stabilità e garanzie nel mondo del lavoro", ha detto Luigi Di Maio, parlamentare M5s: "La verità è che con questo meccanismo non ci sarà più nessuna persona, nessun giovane in Italia, che avrà la possibilità di accedere a un mutuo. Li vedremo tra un anno gli effetti di questo Jobs act", ha aggiunto.
Duro anche il commento della Cgil, che già ieri aveva espresso un parere negativo attraverso il segretario generale Susanna Camusso: "Restano i cocopro e si somma la monetizzazione crescente. La precarietà aumenta, non diminuisce". #Soloammuina non #cambiaverso" è il tweet lanciato stamattina dal sindacato. "Più precarizzati, meno pagati", si legge ancora. E poi: "Sei a termine, somministrato, a chiamata, p.Iva, accessorio, oppure
sei indeterminato ma non più tutelato. E se rivendichi i tuoi diritti sei demansionato o licenziato". "Licenziamenti vincono, diritti perdono alla fine pagano i lavoratori".
Al coro dei "no" si aggiunge anche Corrado Passera: "Il Jobs Act in salsa renziana è rivolto al passato. Aumentano rigidità e non si parla di produttività. False riforme", ha scritto su Twitter il leader di Italia Unica.
Il governo è compatto nel respingere le accuse. Twitta il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia: "Dopo 20 anni alla flex si aggiunge security: ammortizzatori, maternità, basta cococo cocopro".
Andrea Orlando, esponente del Pd e ministro della Giustizia, replica a Stefano Fassina: "Questo governo affronta cose che per molto tempo sono state messe sotto il tappeto, a partire dal tema del precariato". Il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, in linea con Matteo Renzi parla di "giornata storica per il lavoro italiano, la ragione stessa per cui esiste questo governo:
il coraggio di cambiare davvero il Paese". "Ieri - ha commentato Lupi a margine dei lavori della Winter School di Ncd al Sestriere - è stato fatto qualcosa che non era mai riuscito in passato e ricordo che c’è chi, penso per esempio a Marco Biagi, ha perso la vita per questo".
Anche per il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina l’azione riformatrice avviata con le scelte sul lavoro deve andare avanti: "L’avvio concreto del contratto a tutele crescenti non può essere considerato un fatto banale. Così come scontate non erano decisioni come l’estensione della maternità o il definitivo superamento dei co.co.pro".
"Ora bisogna andare avanti e non considerare chiusa la partita delle riforme del lavoro - conclude il capo del Mipaaf -. Penso in particolare al rafforzamento degli ammortizzatori sociali e all’agenzia  unica nazionale per l’impiego che deve diventare presto realtà. E’ giusto chiedersi sempre se e come si poteva fare ancora meglio, ma non vedere le scelte
positive di ieri è un errore".
Chiamato in causa da Vendola, il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, ha ribadito la sua soddisfazione per il lavoro del governo: "Potremo chiamarlo Statuto dei Lavori - ha affermato - non solo in omaggio a Marco Biagi, ma soprattutto per indicare la necessità di riconoscere la pari dignità di tutti i lavori, dipendenti e indipendenti, con alcune tutele comuni".repubblica