Gli oceani, una immensa discarica di plastica
 











Negli oceani galleggiano tra 5 ed 13 milioni di tonnellate di plastica. E sono quasi tutte il prodotto di una sbagliata gestione dei rifiuti. È quanto sostiene una ricerca pubblicata sulla rivista Science, che ha anche identificato i 20 Paesi costieri più responsabili dell’inquinamento degli oceani terrestri. Secondo gli esperti ora urge una strategia per ridurre (e drasticamente) l’apporto di rifiuti in mare. Altrimenti a questo ritmo entro il 2025 la quantità di plastica in mare sarà 10 volte maggiore rispetto ad oggi.
Una discarica enorme e gratuita. Che il mare sia colmo di tappi, bottiglie e di una miriade di frammenti di ogni sorta trasportati dalle correnti non è una novità. Non serve essere scienziati per osservare frammenti di copertoni, corde, scatole e le immancabili infradito che adornano e colorano le nostre spiagge. Oggetti trasportati dal vento e dalle correnti da una costa all’altra degli oceani e dei mari. Chiaro è che molto
materiale è il risultato di una gestione dei rifiuti poco o per nulla efficiente. Ma la quantità di plastica che entra in mare è stato a lungo un dato sconosciuto. La lacuna è stata, in parte, colmata da un team di ricercatori della Università della California (USA). I ricercatori hanno raccolto dati globali sulla produzione dei rifiuti solidi, la densità di popolazione, e l’assetto economico di 192 Paesi costieri.
Dati alla mano, hanno osservato che la produzione di rifiuti plastici di questi Paesi è stata di 275 milioni di tonnellate nel 2010. Di questa montagna di rifiuti dai 5 ai 13 milioni hanno terminato il loro viaggio in quella che è ormai diventata una discarica gratuita e globale: gli oceani. In testa alla classifica dei 20 maggiori produttori di rifiuti di plastica negli oceani c’è l’Asia: Cina, Indonesia, e Filippine sono sul podio. Paesi dove, commentano gli autori della ricerca: "L’economia sta probabilmente crescendo rapidamente, ma la gestione dei rifiuti non riesce
a tenere il passo". Il ventesimo posto della classifica è occupato dagli Stati Uniti.
Il Mediterraneo. Il Mediterraneo è un bacino particolare. I Paesi che si affacciano sul Mediterraneo sono abbastanza virtuosi, a parte Egitto, Algeria, Marocco e Turchia che sono nella top 20 dello studio", commenta Tomaso Fortibuoni, biologo marino presso l’ISPRA di Chioggia.  "Il problema però è che il Mediterraneo è un mare praticamente chiuso, con un lento ricambio di acqua, e questo favorisce l’accumulo dei rifiuti di plastica", spiega. Tra tutti, l’Adriatico, è uno dei bacini più sporchi del Mediterraneo, ammette Fortibuoni. Qui, in particolare, una gran parte di rifiuti sono cassette di polistirolo: "imballaggi per I prodotti ittici provenienti forse dai pescherecci, ma magari anche da terra e trasportati dal vento".
Fortibuoni è responsabile per l’ISPRA del progetto Europeo Defishgear, il cui scopo è appunto la stima dei rifiuti marini (sul fondo, galleggianti, ma anche spiaggiati)
nell’Adriatico e proporre nuovi protocolli per la riduzione dei rifiuti in mare. Il problema è anche storico: la plastica è una invenzione tutto sommato recente, entrata nei supermercati tra gli anni ’30 e ’40, la gestione dei rifiuti plastici si è strutturata a partire dagli anni ’70, mentre nei Paesi in via di sviluppo, il boom del consumo di plastica è ancora più recente. Con la popolazione mondiale ancora in forte crescita, e la produzione di plastica che cresce con essa, è molto probabile che i rifiuti nel mare aumenteranno fino a decuplicarsi entro il 2025.
Una via di uscita però c’è e prima di poter passare da una costa all’altra camminando sui rifiuti qualcosa qualcosa si può fare. I Paesi in via di sviluppo devono migliorare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti plastici, spiegano gli autori della ricerca, mentre i Paesi industrialmente più avanzati possono concentrarsi, per esempio, sulla riduzione delle plastiche monouso.  Jacopo Pasotti,repubblica