Soffiate anonime contro i colleghi corrotti Negli Usa esiste già. Ecco come funziona
 











Mafia Capitale, Expo, Mose. Scandali che affossano non solo la reputazione dell’Italia ma anche i conti del Paese. Secondo il Centro Studi di Confindustria, infatti, la corruzione costa una mancata crescita del Pil pari allo 0,8 cento l’anno. Detto in altri termini, se a partire dall’epoca di Mani Pulite l’Italia fosse davvero riuscita a ridurre la corruzione portandola a un livello pari a quello della Francia, ad esempio, oggi avrebbe conquistato quasi 300 miliardi di euro di Pil in più, circa 5 mila euro a persona. Il tema è urgente, non solo per le aziende private ma anche per quelle pubbliche o partecipate dallo Stato.
Quali sono gli strumenti per combattere la guerra al malaffare aumentando la capacità di scoprire tempestivamente la corruzione? Uno dei più efficaci viene chiamato in inglese “whistleblowing”, letteralmente “soffiare il fischietto”, ossia la raccolta di segnalazioni anonime di illeciti. Ci ha pensato l’Agenzia
delle Entrate, che nei giorni scorsi ha lanciato un piano anti-corruzione che prevede l’attivazione di una mail per raccogliere le denunce dei dipendenti che sospettano comportamenti scorretti da parte dei loro colleghi.
Anche il presidente dell’Autorità anti-corruzione, Raffaele Cantone, ha appoggiato l’iniziativa, ricordando che le norme per il whistleblowing, sono previste dal Testo unico dei dipendenti pubblici, per consentire a chi vuole denunciare illeciti di farlo in modo tutelato grazie a una mail criptata. Anche se, nella cosiddetta legge Severino che introduceva queste norme, c’è un passaggio che rischia di depotenziare non poco lo strumento: l’identità dell’autore della soffiata può infatti essere rivelata, si legge nel testo, «ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato». La norma ha altri due limiti: vale solo per i dipendenti pubblici e non prevede alcuna ricompensa economica.
Il sistema andrebbe dunque implementato affinché
non resti solo un annuncio, e per farlo basterebbe seguire le indicazioni delle organizzazioni internazionali e dei Paesi che sono più avanti. E dove la pratica delle «segnalazioni anonime» funziona, è supportata dalle nuove tecnologie con moderne piattaforme Internet gestite da persone specializzate, ed è anche accompagnata da ricompense economiche.
Negli Stati Uniti, in base al Dodd-Frank Act del 2010, chiunque può denunciare casi di corruzione, avendo non solo la garanzia di totale anonimato, ma anche il diritto a una ricompensa economica che può arrivare al 30 per delle somme recuperate. Sul sito dell’ufficio del Whistleblower della Sec , la Consob americana, chi intende segnalare l’illecito può addirittura cliccare sul tasto “tip” e inviare la propria segnalazione (anche in forma anonima). «Colpisce che in Italia non si guardi con attenzione a questi strumenti», spiega a “l’Espresso” l’avvocato Alessandro Musella, coordinatore del team anti-corruzione dello studio Bonelli Erede
Pappalardo, che ha contribuito a realizzare i programmi anti-corruzione per grandi imprese italiane.
«L’adozione di questi strumenti», aggiunge Musella, «essendo raccomandata dalle organizzazioni internazionali che elaborano le classifiche mondiali sulla corruzione migliorerebbe immediatamente il piazzamento del nostro Paese. Ricordiamoci che tali classifiche, per quanto possano essere discutibili, sono comunque uno degli elementi che orientano gli investitori internazionali». Oltre al whistleblowing, potrebbero essere messi in campo altri interventi come la creazione di un’agenzia o direzione investigativa specializzata (sul modello della Dia), al servizio della magistratura, dotata di poteri, persone e strumenti di intelligence e di indagine dedicati all’anticorruzione.
Nel mondo si sta ad esempio diffondendo l’impiego di strumenti tecnologici di “big data analytics” che hanno già dato notevoli risultati nella lotta al terrorismo: «Si tratta», conclude il legale, «di sistemi di
analisi e intelligenza artificiale, ormai disponibili sul mercato, che consentono di analizzare enormi masse di informazioni e di fornire agli investigatori in pochi minuti nomi di persone, collegamenti, comunicazioni e movimentazioni finanziarie. Attività che altrimenti richiederebbero mesi di lavoro di decine di persone per essere scoperti».
Il sistema più famoso - già usato da Cia, Nsa e Fbi - si chiama Palantir, ed è stato creato dalla Palantir Technologies, fondata nel 2004, che ora sta per sbarcare alla Borsa di Wall Street ed è stata valutata 9 miliardi di dollari. Ma non è l’unico, perché l’analisi dei big data è uno dei campi più promettenti anche per la lotta alla criminalità economica. Camilla Conti,l’espresso