La garanzia del totalitarismo cattolico in Rai
 











Avete mai fatto caso all’ateismo esibito in fiction quali Don Matteo? All’evidente agnosticismo di Antonella Clerici, quando è alle prese con il dilemma “olio o burro” alla Prova del cuoco? E che dire della razionalità promossa da Flavio Insinna con il suo gioco dei pacchi in Affari tuoi? Se vi pongo queste domande non è perché sono improvvisamente diventato matto. Sono solo alla disperata ricerca di conferme a un’affermazione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Secondo la quale “le tematiche “atee”, “agnostiche” e “razionaliste” appaiono assorbite nell’insieme degli argomenti non religiosi trattati dalla Rai nella sua articolata programmazione”.
Non è uno scherzo e non è un gioco. L’Uaar, nello scorso agosto, ha presentato un esposto all’Agcom e alla commissione di vigilanza Rai, criticando la violazione del pluralismo informativo in materia religiosa e chiedendo un immediato riequilibrio. L’ha fatto dati alla mano: un’inchiesta
realizzata dalla Fondazione Critica Liberale con il contributo della Tavola Valdese ha evidenziato come nel 2013 la presenza in video di esponenti della Chiesa cattolica sia stata pressoché totalitaria, rispetto alle altre confessioni religiose (per tacere dei non credenti): oltre il 99% su tutte le emittenti, quando queste si sono interessate alla tematica, in programmi dedicati e no. Una circostanza particolarmente grave per chi, come la Rai, rappresenta – o dovrebbe rappresentare – il “servizio pubblico”. Il 28 novembre il Consiglio dell’Agcom ha risposto all’Uaar “hakuna matata”. Non c’è bisogno di alcun Wolf, non c’è proprio nessunissimo problema da risolvere: quel 99% è pienamente legittimo. Il totalitarismo religioso è legittimo.
Secondo l’Agcom, non si rinvengono infatti nella normativa “specifiche previsioni che impongano obblighi di tipo quantitativo in capo alla concessionaria pubblica”. Avere una Costituzione democratica che, all’articolo 3, non distingue i cittadini in
base alla religione, e vivere in uno Stato in cui la laicità è considerato un supremo principio costituzionale, evidentemente non basta. Secondo il garante, la legge sulla par condicio vale per la politica, e solo per la politica. Curioso che in Italia fioriscano così tanti movimenti anti-politici. La casta cattolica (vedi anche l’Otto per Mille alle religioni rispetto al Due per Mille ai partiti) gode di privilegi infinitamente più grandi, ma contestazioni infinitamente minori.
Come foglia di fico, l’Agcom ricorda che la Rai propone le rubriche Protestantesimo e Sorgente di vita. Che vanno in onda la domenica, a settimane alterne, all’1.20 di notte. Ma l’Agcom è magnanima: “la Rai mette a disposizione appositi spazi informativi nell’ambito dei c.d. Programmi dell’accesso”. Che solo da settembre hanno ripreso ad andare in onda e che hanno (da sempre, e inevitabilmente) l’audience più bassa dell’intera programmazione. Il documento del garante è di un clericalismo così spudoratamente
esibito e orgogliosamente rivendicato da sembrare falso. Purtroppo è vero. Un’authority che dovrebbe garantire tutti ha sancito nero su bianco un privilegio illiberale per una confessione religiosa di cui un quarto della popolazione afferma di non considerarsi parte. Quindici milioni di cittadini. Di serie B.
E tuttavia. Cos’ha da dire in merito la Commissione parlamentare di vigilanza, a cui pure era indirizzato l’esposto Uaar? Cos’hanno da dire in merito i parlamentari italiani, incapaci di redigere una qualunque normativa in grado di assicurare la par condicio religiosa? Sarebbe interessante saperlo. È proprio da questi particolari che si giudica la democrazia di un paese. Raffaele Carcano, segretario Uaar