’Mafia Capitale’
Ministro Poletti ci spieghi quella cena
 











Ministro Poletti ci spieghi quella cena
A domanda risponde" è l’espressione usata nei verbali per differenziare una dichiarazione spontanea da una dichiarazione sollecitata da una domanda degli inquirenti. Il ministro Giuliano Poletti non deve rispondere ai magistrati perché non è indagato.
Né coinvolto nell’inchiesta "Mafia capitale". Quindi la sua dichiarazione non dovrebbe essere trascritta come "a domanda risponde" ma, piuttosto, come dichiarazione spontanea. Perché dovrebbe spiegare non ai pubblici ministeri che si occupano di reati, ma al paese, il rapporto che pare esserci tra lui e Salvatore Buzzi, presidente di un grande consorzio di cooperative legate alla Legacoop e braccio destro del boss Massimo Carminati. Che ci faceva, Poletti, quando non era ancora ministro ma presidente di Legacoop Nazionale, nel 2010, a una cena di ringraziamento organizzata proprio da Buzzi per tutti "i politici che ci sono a fianco "?
Salvatore Buzzi ha
ucciso ed è stato condannato a 24 anni per omicidio. Ex impiegato di banca vicino all’estrema sinistra, è diventato uno degli uomini più rilevanti dell’imprenditoria capitolina. Massimo Carminati, formazione di estrema destra. Il suo uomo più fidato, Salvatore Buzzi, formazione di estrema sinistra. Ma con l’ideologia i due non hanno più nulla a che fare. Loro unico obiettivo sono i soldi. Dopo aver scontato la pena, Buzzi si è reinventato come geniale organizzatore del "terzo settore": gestisce una galassia di società che raccolgono ex detenuti. Ma non solo, perché così definisce la sua Onlus: "La 29 Giugno è cooperativa sociale di tipo b nata a Roma nel 1985 ed ha come scopo sociale l’inserimento lavorativo delle persone appartenenti alle categorie protette svantaggiate, disabili fisici e psichici, tossicodipendenti ed ex, e più in generale delle persone appartenenti alle fasce deboli della società (senza fissa dimora, vittime della tratta, immigrati)".
Attraverso rapporti diretti
con la politica e con la mediazione criminale di Carminati, Buzzi arriva a mettere le mani sugli appalti che contano. In questa intercettazione la sintesi del suo business: Buzzi: "Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno". Il bilancio pluriennale 2012/2014 di Roma Capitale è condizionato dall’organizzazione mafiosa per ottenere l’assegnazione di fondi pubblici, per rifinanziare i campi nomadi, per la pulizia delle aree verdi e per minori per l’emergenza Nord Africa. Ribadisco la domanda: perché Poletti era a quella cena? Era presidente di Legacoop? Non è risposta sufficiente. Quella era una cena di ringraziamento: e la presenza del presidente non era necessaria. In quella foto si vedono molti altri invitati. È una classica cena sociale organizzata in un centro d’accoglienza della cooperativa 29 Giugno. C’è l’ex sindaco Gianni Alemanno, c’è l’ex capo dell’Ama Franco Panzironi (arrestato con Buzzi), c’è un esponente del clan dei Casamonica, c’è il dimissionario assessore alla Casa Daniele Ozzimo (al tempo consigliere Pd e pure lui indagato), c’è il portavoce dell’ex sindaco Sveva Belviso e c’è Umberto Marroni, parlamentare Pd (Buzzi in un’intercettazione dichiara che proverà a lanciarlo alle primarie democratiche per il sindaco di Roma). Il ministro non conosceva Buzzi e il suo modus operandi ? Da presidente della Legacoop immaginiamo non potesse conoscere il dna di tutte le cooperative: ma nemmeno di questo impero da 60 milioni di euro? Eppure la Onlus apparteneva proprio alla realtà Legacoop. Poletti non si è reso conto di come la gestione degli appalti sia stata quantomeno disinvolta? Degli appalti che la giunta Alemanno concedeva e del flusso di denaro che la beneficiava? C’è bisogno di inchieste della magistratura, quando a Roma si sapeva da anni che Buzzi era un dominus nell’assegnazione alle sue cooperative degli appalti? Perché la politica deve rispondere solo se interrogata da un giudice?
In questo caso è la
legittimazione politica e sociale che il ministro Poletti ci deve spiegare. Buzzi apre nel maggio 2014 l’assemblea di bilancio "Gruppo 29 Giugno" con un discorso. Prima però ringrazia alcune persone. Tra i presenti ringrazia il direttore generale dell’Ama Giovanni Fiscon che, secondo le accuse, sarebbe stato nominato grazie all’organizzazione mafiosa. Ringrazia Angiolo Marroni, garante detenuti del Lazio e padre di Umberto Marroni, capogruppo Pd presente alla cena di cui sopra. Ringrazia Salvatore Forlenza, responsabile rifiuti (indagato: il gip ha rifiutato la richiesta d’arresto proposta dai pm). Ringrazia Mattia Stella del gabinetto del sindaco Ignazio Marino (nelle intercettazioni, Buzzi dice che occorreva "valorizzare" Mattia e "legarlo" di più a loro). Poi ringrazia anche chi non ha potuto partecipare all’assemblea. Ringrazia i consiglieri comunali Anna Maria Cesaretti e Mirko Coratti (e Buzzi nell’intercettazione indicava le persone che lo avrebbero aiutato a vincere la gara proprio in Cesaretti e Coratti, per parlare con il quale avrebbe dovuto elargire 10mila euro, indicandoli quali "assi nella manica per farci vince la gara"). Ringrazia Cosimo Dinoi (e l’organizzazione vuole sostituire al "gruppo misto" il capogruppo Dinoi e ottenere la presidenza della commissione trasparenza del Comune di Roma). Saluta l’assessore Daniele Ozzimo  -  e nell’inchiesta si legge che "il 19 giugno 2013 a bordo dell’autovettura Audi veniva intercettato un dialogo tra Buzzi e le sue collaboratrici Chiaravalle Piera e Bufacchi Anna Maria, nel corso del quale i tre interlocutori discutevano di quelli che sarebbero potuti essere i ruoli in Municipio per i loro ’amicì Marroni Angelo o Ozzimo Daniele, sperando che il sindaco avrebbe lasciato loro un posto nel campo del sociale, di fondamentale importanza per le attività economiche delle Cooperative e, di conseguenza, del sodalizio ".
E chi saluta per ultimo Buzzi a quel convegno? Ecco il passo: "Concludo, infine, con
un augurio di buon lavoro: al ministro Giuliano Poletti, nostro ex Presidente nazionale che più volte ha partecipato alle nostre assemblee; al Governo Renzi affinché possa realizzare tutte le riforme che si è posto come obiettivo, l’unico modo per salvare il nostro Paese dalla stagnazione e dall’antipolitica; in particolar modo a tutti voi soci che con il vostro lavoro quotidiano avete contribuito a raggiungere questo risultato così soddisfacente ". Salvatore Buzzi è accusato di essere il ministro dell’economia della cosca e "si occupa  -  secondo i Ros  -  della gestione della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti". Il ministro del lavoro Poletti è finito in copertina proprio con Buzzi sul magazine della cooperativa 29 Giugno. Non si era informato su come queste cooperative vincessero gli appalti? Su come i disperati che ci lavorano non fossero altro che bacini di voti, strumenti di pressione sociale, oggetti per riciclare? Non si tratta di una foto con uno sconosciuto, di una cena elettorale dove non sai con chi parli e a fianco di chi sei seduto. Non sono imboscate. Qui si tratta di non aver monitorato, capito come agivano le maggiori cooperative a Roma. Possibile?
Dice in tv il premier Matteo Renzi che "non si può mettere in mezzo Poletti perché ha partecipato a una cena". Giusto: non c’è, ripetiamo, nessun reato che viene contestato. Ma è politicamente che questo rapporto può essere considerato grave, anzi gravissimo. È di questo che il ministro deve rispondere al Paese e in Parlamento. Non basta dire ""non sapevo, non potevo sapere, non c’entro". Non si tratta di una semplice foto scattata, ma di un rapporto continuativo, durato anni. Perché?Roberto Saviano,repubblica(...)
Nel libro mastro della cupola i doppi stipendi dei politici
"Il libro nero... mamma mia, mi inquieta un po’...". Pure Massimo Carminati, che un po’ ne ha viste nella sua vita criminale lunga
quarant’anni, si intimoriva al suo cospetto. Il "libro nero" di Salvatore Buzzi, registro unico della contabilità illecita della "mafia capitale". Nomi e cognomi dei politici "stipendiati", delle persone da far assumere, degli imprenditori collusi. Panzironi: 15.000 euro al mese; Pucci: 5.000 al mese; Odevaine: 5.000 al mese; Patanè 10.000 euro una tantum. E poi, Alemanno: 75.000 euro in cene elettorali. Gramazio: 4 persone da sistemare. "Hai visto che è nero? Guarda... ", si compiace Paolo di Ninno, collaboratore di Buzzi, mentre lo apre con la riverenza di chi è davanti a una reliquia sacra. Per chiunque voglia capire come girano le cose nella Roma controllata dal clan, ne è consigliata la lettura.
"I SERVIZI ACCESSORI"
Nadia Cerrito, che di Buzzi è la segretaria personale, ha il compito di tenerlo nascosto a casa sua. Ed è lì che, ieri, i Carabinieri del Ros lo hanno ritrovato durante la perquisizione. Dentro il "libro nero", tra migliaia di numeri e decine di
appalti annotati, ci sono anche i doppi stipendi che la "mafia capitale"  -  secondo i pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli  -  garantiva ai politici amici. Ogni mese, in "salari" se ne andavano almeno 27.500 euro. Per Franco Panzironi, ex ad di Ama: 15.000 mensili, più altri 120.000 come compenso per aver "turbato" una gara da 5 milioni a favore di Buzzi (la stecca è fissa per tutti: 2,5 per cento del valore dell’appalto), più un servizio accessorio: la rasatura gratuita del prato di casa. "Panzironi m’ha prosciugato tutti i soldi oh...", si lamentava Buzzi.
Ci sono poi i 5.000 euro per Luca Odevaine, ex segretario di Veltroni e funzionario della provincia (ha il "merito" di aver orientato le decisioni del Tavolo di coordinamento nazionale sull’accoglienza degli immigrati a favore del clan), e i 1.500 per Mario Schinà, ex dirigente del Comune che faceva da tramite tra lui e Buzzi. Pure i 1.000 mensili che Franco Figurelli si era "guadagnato" mettendo
in contatto Buzzi con Mirko Coratti, presi- dente dell’assemblea capitolina ora dimissionario.
"LE BUSTE UNA TANTUM"
Nelle mille e passa pagine dell’ordinanza di custodia cautelare si contano anche 320.000 euro di presunte bustarelle e compensi vari. Claudio Turella, funzionario del Servizio Giardini del comune, ne voleva 100.000 per aver scorporato l’Iva dagli 800.000 euro assegnati per pulire la città dopo la nevicata del febbraio 2012. "100.000 li mortacci ...  -  si arrabbia Buzzi  -  sull’emergenza neve 40.000 euro (alludendo al fatto che avevano pattuito poi quella cifra, ndr )... 15 gliene mancano... Oh ma c’è la difficoltà a trovà i soldi... ". Gliene darà solo 25.000. Eugenio Patanè, consigliere regionale Pd, stando a quanto riferiscono gli indagati ne chiedeva anche di più. "Patanè voleva 120.000 a lordo  -  dice Buzzi intercettato nel suo ufficio il 16 maggio scorso  -  siccome lo incontro martedì, una parte dei
soldi gliela incomincerei a da’...". E più tardi, quel giorno, ammetterà: "Gli abbiamo dato 10.000 euro per... per carinerie, e finisce lì, non gli diamo più una lira". La banda Carminati riesce a corrompere anche "in trasferta", nel comune di Sant’Oreste: al funzionario Marco Placidi 10.000 euro. E ancora: 40.000 in bonifici che il consorzio di Buzzi elargisce alla fondazione di Alemanno (Nuova Italia), i 15.000 che gira al suo mandatario elettorale, altri 30.000 per la Fondazione Alcide De Gasperi, di cui Angelino Alfano è presidente.
"IL COMPAGNO B."
Sbaglia chi pensa che Salvatore Buzzi, classe 1955, nome conosciuto a pochi fuori da Roma, sia un dilettante. Storia particolarissima, la sua. Condannato agli inizi degli anni Ottanta per omicidio, viene scarcerato nel 1991. Quando è a Rebibbia si inventa una cooperativa sociale per l’inserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. La "29 giugno onlus" di cui è titolare nel 2000 entra in contatto con la Lega Coop
dell’Emilia Romagna, con la quale collabora per le pulizie industriali. Oggi siede su un "gruppo di indiscutibile potenza ", scrive il gip, con un fatturato consolidato di 60 milioni. Figura nei cda di 12 società, tra consorzi e coop, ed è amministratore unico della sua "Eriches 29".
PROMESSE E ASSUNZIONI
Ciò che va dicendo a destra e a sinistra, a volte, sono chiacchiere. Promette a Fiscon di Ama di mandargli le pulizie a casa e poi non lo fa, promette al sindaco di Sant’Oreste 30.000 euro e poi non glieli dà, ne promette a Mirko Coratti ben 150.000 "se sblocca un pagamento di 3 milioni di euro sul sociale". Per Scozzafava, ex capo del Dipartimento servizi sociali, Buzzi cerca un appartamento da 130.000 euro (che poi non gli trova), al consigliere Pdl Luca Gramazio prospetta l’assunzione di "quattro persone di sua fiducia nel periodo di campagna elettorale". Qualcuno però ci riesce, a far assumere. La figlia di un’impiegata del Campidoglio all’Università Roma
III, dove la cooperativa "29 giugno" si era occupata della manutenzione degli immobili.Fabio Tonacci,repubblica(...)
"Spezziamogli le costole". Dai pestaggi agli affari, così la banda dei Neri comandava la città
PER transitare indenne nei trasformismi della Seconda. Nere sono le complicità e la forza di ricatto su cui Massimo Carminati costruisce il proprio mito e la capacità di intimidazione. Nera è l’antica obbedienza che lo annoda «a uomini delle forze dell’ordine e dei Servizi». Nero è l’album di famiglia che consente «agli uomini dell’Associazione — scrive il gip Flavia Costantini — di presentarsi ai propri interlocutori in una dimensione “metaindividuale”. Semplicemente come “Noi”».
Sono la forza e la ferocia di questo vincolo, che rendono l’ex sindaco Alemanno organico a un Sistema dove sul proscenio dei tre Mondi — di Sopra, di Mezzo, di Sotto — affacciano uomini apparentemente diversi, ma al contrario maschere di una stessa rappresentazione. Gli ex
Nar Riccardo Brugia, Fabio Gaudenzi e Mario Corsi, il “colletto bianco” e già avanguardista e rapinatore Riccardo Mancini, il “nazista” Gennaro Mokbel, il commercialista Marco Iannilli, piuttosto che il consigliere regionale e figlio della tradizione missina Gramazio junior, il già militante della Destra sociale e quindi “manager” a comando in Enav e Technosky Fabrizio Testa, l’avvocato Pierpaolo Dell’Anno. Del resto, «l’associazione ha una dimensione reticolare», scrive il gip. E infatti per prendersi Roma, Carminati si fa ragno. In una tela, nei cui angoli si afferra in cosa declini il Nero di questa mafia.
“DAMOJE ‘NA MARTELLATA”
Nel Mondo di Sotto, è violenza pura. Fisica. Il 30 maggio 2013, al poveretto che non ce l’ha fatta a rispettare la scadenza di un prestito a strozzo, vengono spaccate diverse costole. Lui piange al telefono: «M’avevate detto che non me toccavano…». La risposta è lapidaria: «Quando uno picchia qualcuno è perché se vede che ha fatto
quarcosa. Sennò, uno no ‘o picchiano ». Né va meglio al gioielliere che ha la pessima idea di vendere due orologi di Riccardo Brugia, l’uomo che siede alla destra di Carminati, e ritardare la consegna del denaro che ne ha ricavato. Accompagnato da Carminati, Brugia lo affronta. «Ti ho cercato da tutte le parti, figlio mio… Fortunatamente stavi dentro al bar e non è successo niente di quello che te doveva succedere» Il gioielliere si butta a pietà: «Tu hai ragione. Mi dispiace perché io sto in torto…». Brugia lo interrompe. «Non me fa’ veni’ a casa. Non me fa’ scomoda’.
Lo so, tu non c’hai i soldi per far la spesa, ma io che devo fa’?». Carminati, fin lì silenzioso, dice la sua: «Non c’ha i soldi per fare la spesa…. Dio buono… che noia… C’ho il cuore debole… non piangere». Quindi, abbandonando il disgraziato ai suoi incubi, decide il da farsi: «Stavolta, je spaccamo la faccia», Ma Brugia ha un’idea migliore: «No, no. Jè do’ una martellata in testa».
IL SACRIFICIO DI
MANCINI
Nel Mondo di Mezzo, spezzare le ossa non serve. La violenza è, per dirne una, il sacrificio umano di Riccardo Mancini. Scrive il gip: «In occasione del suo arresto nel marzo 2013 per la vicenda Breda-Menarini, al fine di garantire condizioni di omertà, attraverso il silenzio di costui, l’indagine è stata costantemente monitorata da Carminati, essenzialmente attraverso l’avvocato Pierpaolo Dell’Anno (imposto a Mancini come difensore, ndr) », che di fatto impedisce «fuori dal legittimo esercizio di diritti difensivi, che Mancini eserciti liberamente i suoi diritti di indagato, al fine della tutela di interessi dell’organizzazione ».
Già, Pierpaolo Dell’Anno. Figlio di Paolino Dell’Anno, già magistrato di Cassazione nel collegio presieduto da Corrado Carnevale. Un altro frammento della storia avvelenata degli anni in cui nel palazzo di giustizia di Roma comandava Claudio Vitalone e Massimo Carminati (che con Vitalone fu coimputato nel processo Pecorelli) girava
libero per la città. Un tempo che l’andreottiano Vittorio Sbardella, ebbe a ricordare così di fronte alla magistratura palermitana: «Vitalone ha sempre coltivato buoni rapporti con il presidente Carnevale e con tanti altri magistrati amici della Corte di Cassazione, tra i quali posso ricordare Paolino Dell’Anno, che è un uomo a lui molto legato ed anzi devoto. Paolino Dell’Anno, peraltro, credo che sia stato sponsorizzato da Claudio Vitalone per il suo trasferimento in Cassazione».
LA VOCE DI “MARIONE”.
C’è poi, lo sappiamo, il Mondo di Sopra . Dove conta altro. Magari avere una radio o un giornale. Il 20 giugno 2013, subito dopo l’elezione di Marino, Carminati conversa con Mario Corsi, che è il suo scendiletto dai tempi dei Nar (quando viene accusato dell’omicidio degli studenti milanesi Fausto e Iaio). A Roma lo chiamano “Marione”, e, con il tempo, si è costruito una singolare fama di giornalista radiofonico del tifo romanista. Ma con il giornalismo, Corsi non
ha nulla a che spartire. La Roma e il calcio sono una scusa. La “ciccia” sono gli affari di Carminati.
Carminati : «Adesso si va a bussacchiare ».
Cors i: «Adesso è ora de tira’ le reti».
Carminati : «Gli si dice: “E che cazzo… Ora che abbiamo fatto questa cosa, che progetti c’avete? Teneteci presenti per i progetti che c’avete, Che te serve? Che cosa posso fare? Come posso guadagnare? Che te serve il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo? Ecco, te lo faccio io. Perchè se poi vengo a sape’ che te lo fa un altro, capito? Allora è una cosa sgradevole…».
LE CAMPAGNE DEL “TEMPO”
Nell’agenda di Carminati ci sono anche il quotidiano Il Tempo e il suo direttore Gianmarco Chiocci. Si legge a pagina 919 dell’ordinanza: «Il 12 marzo 2014 sul Tempo viene pubblicato un articolo dal titolo “Centro rifugiati bloccato dai Francesi. Palla al Tar” volto a promuovere da parte di Buzzi e Carminati una campagna mediatica favorevole al primo, al
“Consorzio Eriches 29”, che si era aggiudicato la gara d’appalto europea bandita dalla Prefettura di Roma, nonostante l’esiguità del prezzo; ragione per la quale, in seguito al ricorso proposto dalla francese Gepsa, il Tar aveva sospeso l’assegnazione».
La campagna del Tempo — argomenta il gip — «è volta a ingenerare dubbi sull’imparzialità dell’autorità giudiziaria amministrativa » ed è «sollecitata anche dall’intervento di Alemanno, che viene ringraziato da Buzzi». Ma c’è di più. «Carminati — annota il gip — si era addirittura mosso di persona, incontrandosi, il 13 marzo 2014, con il direttore del Tempo ».Carlo Bonini,repubblica
Gli affari neri su Bari
No, ricordate le polemiche sul Cara di Bari? Le polemiche per esempio della destra cittadina che un giorno sì e l’altro pure propina luoghi comuni sul fatto che gli immigrati sono troppi, che gli autobus sono uno schifo per colpa loro, che bisogna aiutarli a casa loro, eccetera eccetera? Ricordate i cartelli
di Fratelli d’Italia, così per non fare nomi: "Basta clandestini, prima gli Italiani"?
Ecco mentre protestavano, a Roma gli amici del loro capo, Gianni Alemanno (ma anche della sinistra, eh, anche perchè si trattava di coop rosse) sui migranti e specificatamente sul Cara di Bari facevano grandi affari. Se infatti la struttura che ospita i richiedenti asilo ha un numero di ospiti così alto è grazie a un operazione che Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati (il Cecato della Banda della Magliana, il Nero di Romanzo Criminale), e Luca Odevaine (ex capo di gabinetto di Veltroni, componnte del tavolo di coordinamento sull’immigrazione) fanno.
Da più parti, infatti, le Regioni chiedevano di limitare il numero massimo di posti nei Cara a cento persone. Non più di cento ospiti per struttura, questa era la richiesta. Per Bari significava una rivoluzione visto che oggi gli ospiti sono poco meno di 800. Ma...
Siamo a maggio del 2014. E l’operazione salta. <Odevaine - si
legge nell’ordinanza - fa in modo che nel documento finale la capienza dei centri d’accolgienza era stata fissata a "300 posti minimo", di modo da poter giustificare ad esempio i centri di Mineo e di Bari".
D’altronde Buzzi era stato chiaro al telefono: "Lo sai quanto ci guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende di meno".r
Quando il ministro Poletti parlava col boss 
Cosa sono per Massimo Carminati le cooperative rosse? «I classici risolutori di problemi, che vanno a mette’ e’ mani nella merda». Ma, soprattutto, per l’ex membro dei Nar le cooperative sono il mezzo principale con cui si possono fare affari: grazie alle coop, in effetti, l’organizzazione mafiosa da lui guidata da un lato paga tangenti a imprenditori, politici e forze dell’ordine, dall’altro si accaparra appalti e finanziamenti pubblici per milioni. «Ci stanno delle attività che possono essere gestite solo dalle cooperative, perché le coop sociali hanno una struttura…per cui
intanto non sono a scopo di lucro. Teoricamente non sono a scopo di lucro, in effetti poi…il lucro…». Alla fine arriva. Grazie, innanzitutto, all’abilità del suo socio e braccio destro, il presidente dalla coop "29 giugno" Salvatore Buzza. La mente economica della "Mafia capitale". L’uomo che riusciva a mettere intorno a un tavolo politici di destra e sinistra e invitare - l’anno scorso, ha scoperto "l’Espresso" - all’assemblea per l’approvazione di bilancio della sua onlus  il gran capo delle cooperative rosse Giuliano Poletti, oggi ministro del Lavoro.
«Poletti? Era lì perché da presidente della Lega delle cooperative andava a tutte le assemblee che poteva, non si risparmiava. Conosceva Buzzi come presidente della cooperativa "29 giugno"» spiega Massimo Tognoni, portavoce del ministro, per anni dirigente della Lega. «La Mafia? La Lega non è purtroppo in grado di controllare quello che ogni coop fa al suo interno. Deve svolgere attività di vigilanza e guardare i bilanci dei
vari associati, è vero. Ma più che controllare il rispetto dei requisiti di mutualità e altri controlli di natura amministrativa, non può fare». Alla fine, insomma, ci deve pensare la magistratura.
Carminati, invece, non è uno che si pone limiti. «Questi qui della "29 giugno" sono una grande realtà» spiega a un amico intercettato «gestiscono discariche, il ciclo di rifiuti nelle Marche, appartengono proprio al Cns (il Consorzio nazionale servizi, l’associazione delle coop di cui Buzzi era consigliere ndr), a Bologna sono le cooperative rosse insomma. Infatti ogni tanto prendono e partono tutti per andare a Bologna…Per legge molti lavori nell’ambito cittadino possono essere fatti solo dalle cooperative sociali».
Buzzi, ex detenuto di Rebibbia condannato per omicidio, è l’uomo che gestisce il tesoro della banda. In pochi anni è riuscito a costruire un impero: partito da Rebibia 28 anni fa, la sua coop «nel 1999 entra in contatto con la Lega Coop dell’area emiliano romagnola, con la
quale (dice al telefono uno dei collaboratori di Buzzi) iniziò a collaborare nell’ambito delle pulizie industriali». Un primo salto di qualità della "29 giugno", che nel 2013 ha superato i 59 milioni di euro di fatturato, grazie a una rete di cooperative controllate e società partecipate. È così che i tentacoli di Carminati e Buzzi si allungano nei settori della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, dell’accoglienza dei profughi e degli immigrati, nella manutenzione del verde pubblico e nella gestione dei campi rom. Attraverso appalti aggiudicati - si scopre ora - attraverso la corruzione di politici e funzionari del comune di Roma.
Quando Poletti l’anno scorso applaudiva in prima fila Buzzi nella sede di via Pomona non poteva sapere che l’exploit economico della più grande coop del Lazio in realtà nascondeva la cassaforte della mafia romana. «Il 2013 è stato l’anno con i migliori risultati economici della nostra storia» chiosava Buzzi dal palco. «Nonostante la crisi noi siamo
in controtendenza: abbiamo un fatturato da 59 milioni, 943 occupati, un utile complessivo da 3,5 milioni che abbiamo raddoppiato!».
Ora, spulciando il bilancio e il decreto di misure cautelati, si capisce come Buzzi era riuscito ad aumentare il giro d’affari delle sue cooperative (dalla 29 giugno alla Eriches, dalla Formula Sociale alla Crd, dalla 29 Energy Green alla coop Abc): attraverso la corruzione e l’intimidazione, il riciclaggio e la falsa fatturazione. Il boom del business della raccolta rifiuti era stato infatti ottenuto attraverso gare dell’Ama ora finite sotto la lente della magistratura; appalti truccati per la manutenzione delle aree verdi della Capitale spuntano da ogni parte dell’ordinanza.
«Nell’ambito dell’accoglienza» sorrideva ancora Buzzi «siamo cresciuti ed abbiamo continuato la gestione delle attività assistenziali in favore di immigrati, senza fissa dimora, mamme coi bambini, ex detenuti, nomadi e famiglie in difficoltà, e abbiamo vinto il bando promosso
dal Comune di Roma per 491 immigrati». Buzzi non aggiungeva che, per vincerlo, aveva pagato - secondo l’accusa - 5mila euro al mese al dirigente Luca Odevaine, ex membro del gabinetto di Walter Veltroni.
Il colpo grosso la mafia capitolina lo fa attraverso la coop che gestiva gli immigrati e i nomadi, la Eriches, che in pochi anni fa il botto. «C’ha uno scatto di qualità nel momento in cui ci viene affidata l’emergenza Nord Africa, che riusciamo anche con l’apporto della Lega Coop a contendere al gruppo della cooperativa cattolica…l’arciconfraternita…da un milione fino al 2010 stiamo ora attorno ai 16 milioni, come fatturato», racconta Claudio Bolle, procuratore della coop di Buzzi intercettato dai carabinieri del Ros. «Gli utili li abbiamo fatti con gli zingari, sull’emergenza alloggiativa e sugli immigrati» conferma il suo capo in un’altra telefonata.
«Non direi che Buzzi e Poletti si conoscessero bene, lo conosceva come altri presidenti di coop sul territorio» chiude al
telefono il portavoce del ministro del Lavoro. «Sapevamo che era condannato per omicidio? Certo, e allora? Quello che è accaduto martedì è sorprendente. Per molti, non solo per noi, credo lo sia anche per molti dirigenti attuali della Lega delle cooperative. Non è un caso che siano stati tutti sospesi». Emiliano Fittipaldi,l’espresso