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Psichiatria – una pseudoscienza
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Psicologia (studio dell’anima) e psichiatria (medicina dell’anima) si occupano di una cosa che, per definizione, non può essere misurata né divenire oggetto di osservazione scientifica secondo lo standard galileiano. Queste discipline, dunque, dovrebbero afferire al settore della conoscenza umanistica, non scientifica: l’infondata pretesa di scientificità è spesso causa di abusi e violazioni dei diritti umani. Il potere psichiatrico nelle aule di tribunale, il potere di decidere sulla capacità d’intendere o volere, o stabilire quale genitore debba avere la custodia dei figli in un caso di divorzio, si basa sul presupposto che la psichiatria sia una scienza, in grado di produrre perizie oggettive quanto quelle ingegneristiche o mediche. Queste perizie, invece, sono completamente arbitrarie e soggettive. E’ sufficiente assistere a un processo per rendersi conto di come le diagnosi presentate dall’accusa e dalla difesa sullo stesso imputato siano sempre diametralmente opposte (non semplicemente “divergenti”) – un divario che, per frequenza ed entità, non ha eguali nelle discipline mediche e scientifiche. In maniera simile, il potere di ordinare un TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) presuppone l’esistenza di un metro di giudizio oggettivo per stabilire chi sia bisognoso di cure urgenti ma troppo insano per rendersene conto. Attenzione, si accetta che - per esempio - un epatologo possa conoscere lo stato del tuo fegato meglio di te. Egli, però, può produrre prove oggettive a riguardo, mentre lo psichiatra può produrre solamente la sua opinione – tipicamente contraria a quella della persona soggetta alla cosiddetta cura. Inoltre, nonostante l’oggettività delle sue diagnosi, l’epatologo non esegue trattamenti coatti. L’idea di obbligare una persona alle cure psichiatriche, come nel TSO o negli OPG (ospedale psichiatrico giudiziario), è di per sé assurda. Se le cosiddette malattie mentali consistono - per definizione - in pensieri o comportamenti, il risultato di queste presunte cure dovrebbe essere un cambiamento di pensiero o comportamento. Non si vede però come una persona possa arrivare a modificare il proprio punto di vista, o il proprio comportamento, se le cure che dovrebbero causare questi cambiamenti non sono scelte da lui ma gli sono imposte con la forza. Gli psichiatri, come colti da delirio di onnipotenza, si ritengono depositari di una conoscenza esoterica con cui leggere i pensieri altrui e modificarli a piacere. Questo modo di agire rivela la natura essenzialmente politica della psichiatria, organo di controllo sociale simile alla polizia (e niente affatto alla medicina) che trova le sue origini nell’inquisizione. Come moderni Torquemada, gli psichiatri usano la forza per obbligare il malcapitato a confessare e ammettere la sua malattia: condizione necessaria per essere dichiarano "guarito". Il loro manuale, al pari del Malleus Maleficarum, lo insegna: come una strega, se il paziente nega la malattia, questa negazione è essa stessa prova di malattia – un comma 22 senza scampo. Persino l’uso dell’eufemismo per mascherare la violenza è identico, e l’auto da fé diventa trattamento sanitario. A riprova della natura essenzialmente politica della psichiatria, si veda il modo bizzarro con cui vengono scoperti (o cancellati) i cosiddetti disturbi mentali. Per esempio, nell’ultima edizione del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico – il testo sacro della psichiatria) la pedofilia era stata definita come un "orientamento sessuale". La cosa causò innumerevoli reazioni indignate, e l’APA (American Psychiatric Association) fece marcia indietro. Sorte opposta era toccata l’omosessualità, considerata malattia fino agli anni settanta e poi depennata dal DSM per motivi i correttezza politica. Non intendo qui entrare nel merito, e stabilire se pedofilia o omosessualità debbano essere considerate malattie o meno: in ogni caso il concetto di malattia mentale è talmente vago e opinabile da consentire qualsiasi interpretazione. Critico, invece, il metodo antiscientifico: l’alzata di mano su opinioni dettate da motivi di opportunità. Come se un congresso di epatologi, sull’onda di un’ipotetica accettazione sociale dell’abuso di alcol, si trovasse a stabilire con voto a maggioranza, e senz’altra osservazione scientifica, che l’epatite non è più una malattia. Da un po’ di tempo sul web spopolano gli allerta riguardo la pericolosità degli psicofarmaci (sacrosanti, basta leggere i bugiardini per rendersene conto) ma il problema, come si diceva una volta, è a monte: lo psicofarmaco senza effetti collaterali non potrà mai esistere perché la stessa pillola è l’effetto collaterale. Infatti, come l’uso del concetto di malattia mentale per definire un comportamento lede i principi di libertà e responsabilità (chi ruba non è più un ladro ma un cleptomane, chi incendia non è un incendiario ma un piromane, ecc.), l’idea stessa di curarla con una pillola mina i concetti di libero arbitrio e agenzia morale. La persona non è più un agente morale dotato di libero arbitrio, ma un robot governato da leggi chimiche. Si arriva addirittura a prescrivere stimolanti anfetaminici ai bambini cosiddetti iperattivi. Ma attenzione: a prescindere dalla pericolosità di queste pillole, riconosciuta da innumerevoli pubblicazioni scientifiche, stiamo crescendo una futura generazione avvezza a utilizzare pillole per risolvere i problemi del vivere. A questo proposito si veda la sfacciataggine con cui ancora oggi viene invocato lo squilibrio chimico nel cervello come causa dei disturbi mentali: questo modello non è mai stato dimostrato scientificamente, e oggi gli stessi neuroscienziati ammettono che si è trattato di un abbaglio, ma si continua a usarlo a scopo propagandistico per vendere psicofarmaci. Intendiamoci: alcune persone sono soggette a sofferenza emotiva, hanno seri problemi a rapportarsi con gli altri e necessitano di aiuto. Ma la professione di chi fornisce questo aiuto dovrebbe essere inquadrata nell’alveo delle conoscenze umanistiche – non scientifiche. E, soprattutto, i loro rimedi non dovrebbero mai essere somministrati in maniera coatta, ma solo su base volontaria. Esistono persone - psicoanalisti, maestri yoga o di meditazione, preti, comportamentalisti ecc. - che aiutano la gente nei momenti difficili, senza però atteggiarsi a medici o violare con la forza i diritti fondamentali della persona. Alberto Brugnettini – fisico - CCDU onlus |
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