Saccomanni dà i numeri: "Niente aumenti di tasse. Anzi un miliardo in meno"
 











La manovra non è definitiva (deve essere approvata dal parlamento, che l’aspetta al varco per introdurre modifiche) e le critiche sono tante, da destra, da centro e da sinistra; da sopra e da sotto. L’accusa principale: quella di aumentare le tasse, a fronte di sgravi fiscali ridicoli (i famosi 14 euro al mese del taglio del cuneo). Un’offensiva mediatico-politica, a cui il ministero del Tesoro decide di replicare oggi assicurando che le famiglie sono «al riparo da significativi incrementi di imposta» mentre «sono oggetto di sgravi fiscali». Una smentita diretta alle stime della Cgia di Mestre, secondo cui nel 2014 ci saranno aumenti per 1,1 miliardi.
Si vedrà chi ha ragione. Ma che i conti non tornino lo dimostra anche la preoccupazione dei "lealisti" del Pdl, che non possono passare per quelli che mettono le mani nelle tasche degli italiani proprio mentre è in corso la furiosa battaglia interna per il controllo del aprtito di Berlusconi:
l’aumento delle tasse darebbe forza ai falchi berlusconiani che chiedono di rompere con il governo. E per questo che i lealisti hanno cominciato a tirare letta e Saccomanni per la giacca mettendo in guardia contro il rischio di altri balzelli. Di qui la decisione del ministro dell’Economia di diffondere una nota per spiegare che le famiglie beneficeranno di una «riduzione della pressione fiscale di circa 1 miliardo di euro». A pagare di più saranno invece le banche: «All’incremento di gettito prodotto dalla Legge di Stabilità, pari complessivamente a 973 milioni nel 2014, contribuiscono prevalentemente misure che riguardano gli intermediari finanziari per 2,6 miliardi».
Il nodo principale sono le risorse (Palazzo Chigi e il Tesoro infatti insistono nell’offrire la propria disponibilità a rivedere alcune voci ma a saldi invariati) e ogni partito mette in campo le proprie ricette. Il Pdl guarda soprattutto ai tagli alla spesa mentre il Pd si concentra sulle imposte, dalle rendite
finanziarie ai giganti del Web come Google. Ma sono, allo stato, tutte ipotesi che comunque non cambieranno di una virgola il segno della manovra data la ristrettezza delle risorse (si noti che a poco più di un mese dalla scadenza, non sono state ancora trovare le coperture per l’abolizione della seconda rata dell’Imu di quest’anno, che va saldata entro il 16 dicembre).
Tanto più che la situazione economica del paese si fa sempre più drammatica. Il taglio del cuneo fiscale, per dire, avrà benefici, ancorché minimi, solo per chi un lavoro ce l’ha: ai disoccupati e ai precari non andrà un centesimo. E parliamo, secondo le cifre fornite oggi dallo stesso ministero del Lavoro, di 1,2 milioni i disoccupati in più rispetto al 2007, inizio della crisi. Secondo il documento sul piano Garanzia Giovani della struttura di missione presso il ministero del Lavoro che segna le linee guida dell’azione da mettere in campo in Italia per il piano europeo sull’istituzione di una «garanzia per i
giovani», con l’obiettivo di non lasciare nessun under 25 per più di quattro mesi al di fuori di percorsi di studio, formazione o lavoro. Il documento fa quindi un quadro del contesto economico ed occupazionale, con i dati dell’impatto della crisi sul lavoro dal 2007 ad oggi. e c’è di che preoccuparsi.
«Tra il 2007 e il 2012 la quota di occupati si è contratta di quasi 2 punti percentuali» e «l’unica componente della popolazione che ha visto incrementato il relativo tasso di occupazione è stata quella dei 55-64enni, con un aumento di oltre 6 punti percentuali (grazie forse alle riforme sulle pensioni? ndr). Parallelamente, la quota di forza lavoro disoccupata è cresciuta di 4,6 punti percentuali, che si traduce in 2 milioni e 744 mila persone in cerca di lavoro, vale a dire 1,2 milioni di disoccupati in più rispetto al 2007». Non basta. Aumentano i tempi di ricerca di lavoro praticamente per tutte le categorie della popolazione. Mentre rimangono significativamente più elevati della
media i tassi di disoccupazione delle persone con bassi livelli di istruzione. E, viene sottolineato, «i giovani sono sicuramente la fascia di età maggiormente colpita dalla crisi occupazionale in atto», con una situazione «particolarmente grave» nel Mezzogiorno dove «il tasso di disoccupazione giovanile rasenta il 45% e quello di occupazione è bloccato al 13,2% (a fronte del 18,6% nazionale e del 32,8% della media europea)». Inoltre, «preoccupa, in particolare, il fenomeno dei giovani 15-24enni non impegnati in un’attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo (Neet), stimabili in circa 1,27 milioni pari al il 21% della popolazione di questa fascia di età, percentuale che supera il 30% in alcune delle più importanti regioni del Mezzogiorno (Campania, Calabria, Sicilia)».